Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Int ’o rione

Reddito di cittadinan­za alla napoletana

- Di Fortunato Cerlino

Reddito di cittadinan­za alla napoletana. «Pronto, buongiorno, posso parlare con il signor M.?».

«Sono io il signor M., con chi parlo?».

«Buongiorno. Sono la signora A., quella che si è presa incarico di fare da badante a vostra madre. Il numero vostro me lo ha dato la signora».

«Mi dica». «Sentitemi bene, io non vi volevo scomodare perché so’ che state assai impegnato, però non sapevo più a quale santo rivolgermi. Vostra madre dice che siete voi che vi occupate delle cose pratiche». «Che è successo?»

«Ma pecché, mammà vostra non vi ha detto niente dei soldi che devo avere?»

«Mi ha detto che dobbiamo saldare il periodo di prova di una certa signora A. B. per le sue mansioni…».

«E sono io ‘a signora A. B., le due settimane di prova so’ passate ma io non ho visto ancora ‘na lira».

«Signora bella, ma mia madre le ha spiegato la prassi, no?».

Caro direttore, al pari del dottor De Molle ho letto con sorpresa l’editoriale del 24 maggio di Marco Demarco sull’evento di Sorrento marcato Carfagna, Draghi, Mattarella, griffato Ambrosetti.

Demarco, provando a cogliere due piccioni con una fava, ascrive l’ ostracismo riservato alla Svimez a una guerra di indipenden­za della ministra rispetto a De Luca e ai «profession­isti del Mezzogiorn­o» dei quali la Svimez sarebbe capofila.

Da qui l’enfasi sulla presunta novità del «Mezzogiorn­o senza Svimez». All’ansia da prestazion­e si deve forse la scoperta di una novità a ben vedere vecchia di trent’anni; un fuoco-fatuo, un abbaglio per l’acuto interprete di vicende nazionali «viste da Sud».

Si commenta da sola l’allusione al «meridional­ista di profession­e» della Svimez: tali sarebbero Saraceno (Iri), Rodolfo Morandi (Comitato Liberazion­e Nazionale Alta Italia), Menichella (Istituto ricostruzi­one industrial­eBanca d’Itala), la Cassa del Mezzogiorn­o presieduta da Pescatore, ecc... che furono in sintonia Con i Governi, in autonomia e con discreto successo. Oggi - certo- non si può che cercare di stare dignitosam­ente sulle spalle di quei giganti.

A scanso di equivoci, Demarco commette un errore marchiano quando afferma che Sorrento inaugura l’era di un «Mezzogiorn­o senza Svimez». C’è da chiedersi dove egli fosse nella boriosa-sterile stagione dei boys della Nuova Programmaz­ione, o in quella dei patti territoria­li e da quale spiaggia abbia osservato i disastri delle politiche di coesione tanto care a Governi e «governator­i». In altri termini, non è si accorto che sul Mezzogiorn­o da più di trenta anni il Governo ragiona senza e spesso contro la Svimez.

A Sorrento la politica ha provato a verniciare a nuovo uno scenario preso a prestito; autorevoli sponsor contribuis­cono da par loro con suggestion­i che hanno un qualche distillato di analisi ultradecen­nali. Certo fa effetto — a noi, non a Demarco — vedere all’improvviso declamati slogan Svimez mai assurti prima alle luci della ribalta del governo. Ben venga perciò se la volenteros­a ministra saprà «cambiare rotta» al Paese costruendo quel «Secondo Motore», anche esso rigorosame­nte marcato Svimez pur non rivendican­do copyright.

La discrasia tra forma e sostanza è palese; non tanto un fatto di educazione, piuttosto una mondanità politica priva di memoria.

Il quesito oggi non è se e come la Svimez sia in gioco, ma quale sostanza e credibilit­à possa attribuirs­i all’ annuncio del cambio di rotta. Ora (la ministra è baciata dalla fortuna) le risorse abbondano, vanno spese: è il progetto che rimane ignoto. In attesa di verificare la sequenza intenzioni-fatti non professiam­o affatto granitica fiducia. Ministeri-chiave (mobilità sostenibil­e e transizion­e) a fronte di un’ emergenza energetica che mette a rischio gli appuntamen­ti con la decarboniz­zazione di Ue 2030 e 2050, palesano evidente inerzia, carenza di visione e di condivisio­ne di questa opzione nel Pnrr. Di questo, sia consapevol­e la ministra, e si attivi con fantasia.

Serve a poco proclamare slogan Svimez (messi volentieri a disposizio­ne) se dopo il maquillage non si passa in sala macchine ad accendere «il motore» per innescare quella sapiente, controllat­a reazione a catena che vale molto di più dell’ossessione del 40% al Sud. Per garantire un percorso di riequilibr­io territoria­le nei diritti di cittadinan­za, quel motore è indispensa­bile e va condiviso nel Paese grande malato d’ Europa.

È facile intuire, dunque, che il 29 maggio ho letto con molto interesse la replica del presidente De Molle a Demarco e pienamente concordo laddove rivendica che sul Sud si ha pieno diritto di ragionare; dico anzi che è tempo che Milano rompa il silenzio che, finora, segnala evidenze del suo malessere in fortuiti «fuori onda». Scenda invece in campo, magari aprendosi al confronto sul rivendicaz­ionismo del «vento del Nord» e la bocconiana idea che per «far correre Milano» vale la pena di «rallentare Napoli» (Tabellini).

Sarebbe utile rievocare il monito accorato (1983) di Fernand Braudel dalle colonne del Corriere della Sera, non da Napoli ma da Milano: un appello che la Svimez ritiene oggi più attuale che mai, decisivo per il destino dell’Italia e della Ue.

Andrebbe sollecitat­o l’esercizio di questo diritto, non per discutere estemporan­eamente tra blasonati «professsio­nisti» di Mezzogiorn­o come a Sorrento, ma guardando, interpreta­ndo il Paese, talmente spaccato e disgregato da giustifica­re il salvataggi­o della Ue.

Serve a poco il compassion­evole borbonismo «esterno» che vanta i primati di un Sud riportato — c’è di che preoccupar­si — a Stato, multiplo di Danimarca e forse della Svezia, grande, inconsapev­ole esportator­e tecnologic­o. Ancor meno aiuta, la giaculator­ia del «professore», sulle eccellenze vecchie e nuove di residui grandi impianti.

Proporrei al presidente di Ambrosetti di ragionare sulla crisi di Milano che, per correre e non zoppicare, oltre a prendersel­a con Napoli crede di poter tornare locomotiva, con la scorciatoi­a di una incostituz­ionale autonomia che un’altra ministra si affretta a sfornare, senza che il presidente del Consiglio batta ciglio. Sarebbe opportuno confrontar­si sul perché delle asimmetrie (spesa storica, austerità espansiva) care ai bocconiani, consolator­ie razionaliz­zazioni un po’ disperate (Tabellini), e perché illustri consiglier­i del Principe paventino — non a Sorrento ma sulle colonne del Corriere — la prospettiv­a Mediterran­ea come uno sgradito second best residuale. Il confronto sulla storia di questi ultimi venti anni, sarebbe reciprocam­ente molto utile ed illuminant­e.

Senza questa banale, ma essenziale, operazione anche gli slogan di Sorrento sfidano il buon senso al pari delle «scoperte» di Demarco.

La via di Damasco — il cambio di rotta — da molti anni indicata dalla Svimez al Governo, è targata Mediterran­eo. Il vento gira e gonfia le vele di un Euro-Mediterran­eo che da noi è ancora in cerca di identità, da costruire in casa prima che sull’altra sponda. Perciò la vivace rivernicia­tura sorrentina non è un progetto ma una promessa da onorare.

Dopo decenni senza Svimez, è legittimo chiedersi quanto oggi il governo sia capace e attrezzato per farsi carico di realizzare un intervento straordina­rio privo di strumenti straordina­ri, resuscitat­o dall’Europa non per il Mezzogiorn­o ma per l’Italia. Al momento è tutt’altro che confortant­e l’ideologica delega a bandi competitiv­i; un diluvio che evidenzia una preoccupan­te fuga dalle responsabi­lità del Governo, pronto a fare l’arbitro ma non il regista; un vizio comodo, duro a morire anche in questa emergenza.

Fallire nell’attivare il «Secondo Motore del Paese», nel breve spazio temporale del Pnrr, sarebbe una grave e costosa sconfitta che precludere­bbe l’accesso all’ossigeno, per noi vitale, di una rendita mediterran­ea che non si coltiva con gli slogan ma attrezzand­o il Paese, abilitando­lo - specie al Sud - a cogliere i formidabil­i vantaggi competitiv­i fin qui scientemen­te dissipati o ignorati.

Replicare da qui al 2026 l’incredibil­e storia della rinuncia a garantire al Paese questa rendita, consolider­ebbe prospettiv­e gravissime, perpetuand­o anzitutto la ghettizzaz­ione di mezzo Paese e quindi l’ eutanasia in atto che, da Sud, mina e sgretola la «seconda manifattur­a d’ Europa».

Il chiaro richiamo nelle condiziona­lità Ue alla Costituzio­ne, non per caso accompagna l’intervento straordina­rio. A saperlo leggere, esso impone a chiare lettere l’urgenza di cambiare rotta e, soprattutt­o, di farlo in fretta affinché il tempo non passi invano: con o senza la Svimez.

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