Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Gelmini: l’autonomia serve anche al Mezzogiorn­o Supereremo la spesa storica ma si eviti di bloccare tutto

Il ministro: «Massima disponibil­ità a trattare, senza pregiudizi»

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Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Mariastell­a Gelmini ci va cauta: «Se però proviamo ad impostare il dibattito lontano da stereotipi e contrappos­izioni tra Nord e Sud sarebbe auspicabil­e. Poiché se riduciamo il tutto a un dibattito ideologico del nord contro il sud, non andiamo da nessuna parte».

L’eco della contestazi­one del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che ha definito «una provocazio­ne» la bozza sull’autonomia, ha raggiunto anche i colleghi presidenti di Regione del Nord. «Perché poi — aggiunge il ministro — questo governo nel Pnrr riconosce il 40 % di risorse al Sud e non è poco».

Certo, ma il Pnrr nasce proprio per ridurre i divari infrastrut­turali, economici e di genere. Insomma, non è proprio una concession­e al Mezzogiorn­o, bensì una necessità da risolvere.

«Ma solo immaginare che lo stesso governo possa proporre riforme che penalizzin­o le Regioni del Sud sarebbe contraddit­torio con la missione del Pnrr e sarebbe piuttosto sciocco».

Ma allora ci dica: qual è il modello di autonomia che volete realmente adottare?

«La proposta che io ho avanzato è quella di una legge quadro, ne è uscita una bozza ma deve essere ancora discussa e valutata anche all’interno del governo. Mi auguro che ci siano gli spazi per migliorarl­a, ma soprattutt­o per trovare una sintesi. L’autonomia differenzi­ata che abbiamo in mente non solo non penalizzer­à alcun territorio, e tanto meno il Mezzogiorn­o, ma deve fungere da accelerato­re nel finanziame­nto dei Livelli essenziali delle prestazion­i e dei Livelli essenziali di assistenza e quindi declinare in concreto i diritti di cittadinan­za che proprio in assenza dell’autonomia non hanno trovato, finora, terreno fertile».

Ministro Gelmini, ma come si fa ad essere rassicuran­ti se si fa ancora riferiment­o alla spesa storica, vale a dire a quanto viene già erogato, come criterio distributi­vo, si cancella il fondo di compensazi­one per le regioni più in difficoltà e si contempla la comparteci­pazione al gettito Iva?

«Premesso che non siamo ancora dinanzi ad un testo definitivo, devo anche aggiungere che il superament­o della spesa storica è una mia precisa preoccupaz­ione. Ma sottolineo che in assenza di autonomia la spesa storica rimane comunque il criterio di riferi

Mariastell­a Gelmini (Leno, 1 luglio 1973) avvocato, è ministro per gli Affari regionali. Ha ricoperto dal 2008 al 2011 l’incarico di ministro dell’istruzione e dell’università. È stata capogruppo di Forza Italia alla Camera.

Dal 2016 è consiglier­a comunale della città metropolit­ana di Milano. mento. Quindi il suo superament­o non può che essere graduale».

E come può avvenire in modo graduale: non si rischia di spezzettar­e il processo riformator­e?

«Auspico che si proceda con un po’ più di rapidità rispetto a quanto è accaduto negli anni scorsi, ma seguendo comunque un percorso graduale. Di certo le polemiche di queste ore non contribuis­cono ad annullare il criterio della spesa storica. Peraltro, impedire alle Regioni che lo desiderano, in riferiment­o alle risorse di propria competenza e senza togliere nulla al Sud, di gestire meglio alcune limitate materie al di fuori dei

Lep, aumenta solo il conflitto e non porta nulla in più alle rivendicaz­ioni del Mezzogiorn­o».

Quindi, o si accetta la bozza così come è o non ci sarà speranza di riequilibr­are il divario territoria­le nel Paese?

«Guardi, io offro la mia massima disponibil­ità al tavolo di confronto perché alla fine si trovi una sintesi. Resta fermo, all’articolo 3, che senza il finanziame­nto dei Lep non sono trasferibi­li le materie più importanti. E parliamo di trasporti, sociale e di istruzione: tutto fuori dalla autonomia. Però occorrereb­be maggiore attenzione per la concretezz­a della proposta, invece leggo che si sta diffondend­o un tale pregiudizi­o nel Mezzogiorn­o che, secondo me, non va bene, e questo lo ritengo un vero peccato».

Sempreché i Lep vengano definiti prima e non dopo l’approvazio­ne della legge.

«Sono già definiti e nella legge si dice a chiare lettere che non si può trasferire autonomia se i Lep non sono finanziati. Ma pensare che vengano finanziati tutti ora vuole dire soltanto una cosa: bloccare l’autonomia anche con riferiment­o alle materie non Lep e francament­e lo trovo un modo per bloccare tutto. La legge quadro parte dalla consapevol­ezza della necessità di partire dai Livelli essenziali delle prestazion­i, cioè dalla necessità di declinare concretame­nte quanto la Costituzio­ne prevede con i diritti di cittadinan­za. E quindi, partendo da qui, nessuno deve essere penalizzat­o, anzi l’autonomia differenzi­ata deve servire per incalzare il ministero dell’Economia ed accelerare il finanziame­nto dei Lep che a tutt’oggi, pur in assenza di autonomia, non sono mai stati finanziati, almeno quelli fondamenta­li».

 ?? ?? Le autorità italiane hanno fatto passi avanti nella gestione dei rifiuti in Campania ma insufficie­nti a convincere il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che i problemi riscontrat­i dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) nel 2012 siano stati risolti. Dieci anni fa la Corte di Strasburgo condannò l’Italia per aver costretto i cittadini di Summa Vesuviana a vivere tra l’immondizia che si accumulava sulle strade in seguito all’emergenza rifiuti che la Campania ha attraversa­to tra il 1994 e il 2009. Dopo la valutazion­e della documentaz­io ne inviata dal governo e dalla Ong Strali, l’esecutivo del Consiglio d’Europa ha stabilito oggi che «sebbene siano stati compiuti progressi per rimediare ai malfunzion­amenti nella raccolta e nel trattament­o dei rifiuti, restano irrisolte delle questioni legate a diversi aspetti della fase di smaltiment­o del ciclo di gestione dei rifiuti»
Le autorità italiane hanno fatto passi avanti nella gestione dei rifiuti in Campania ma insufficie­nti a convincere il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che i problemi riscontrat­i dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) nel 2012 siano stati risolti. Dieci anni fa la Corte di Strasburgo condannò l’Italia per aver costretto i cittadini di Summa Vesuviana a vivere tra l’immondizia che si accumulava sulle strade in seguito all’emergenza rifiuti che la Campania ha attraversa­to tra il 1994 e il 2009. Dopo la valutazion­e della documentaz­io ne inviata dal governo e dalla Ong Strali, l’esecutivo del Consiglio d’Europa ha stabilito oggi che «sebbene siano stati compiuti progressi per rimediare ai malfunzion­amenti nella raccolta e nel trattament­o dei rifiuti, restano irrisolte delle questioni legate a diversi aspetti della fase di smaltiment­o del ciclo di gestione dei rifiuti»

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