Corriere del Mezzogiorno (Campania)

CAMBIARE LE POLITICHE MIGRATORIE

- Di Francesco Dandolo

Siamo a quasi quattro mesi dallo scoppio di una guerra interminab­ile. Davvero il tempo è una realtà soggettiva. Come insegnano i grandi storici. Mesi e mesi di una guerra folle e infinita per lutti, distruzion­i, disumanità. In Campania sono arrivati bambini, ragazzi e donne con gli sguardi spaventati e increduli per la tempesta di bombe da cui sono scappati. E possiamo immaginare le terribili esplosioni che risuonano nelle loro orecchie. A metà aprile l’assessore Trapanese ha comunicato che nell’area metropolit­ana sono giunti circa 11 mila ucraini e 25 mila in tutta la Campania. Sono numeri da aggiornare, se si considera che in queste ultime settimane centinaia di profughi hanno lasciato la nostra regione per rientrare in Ucraina. Sono ritornati perché in alcune regioni del paese la situazione è divenuta più tranquilla, ma anche perché non avevano mezzi economici per fare fronte alle esigenze quotidiane. Inoltre, in questi giorni stanno partendo vari ragazzi ucraini per sostenere gli esami a conclusion­e dell’anno scolastico. Sono incerti sul loro futuro, ma non si perdono d’animo di fronte ai disastri della guerra.

Al netto dei ritorni, un buon numero sono qui fra noi. Le donne hanno cominciato a lavorare come domestiche e badanti o nei ristoranti e negli alberghi. Si sono subito adattate al repentino cambiament­o di ambiente e di lavoro: in Ucraina erano insegnanti, dipendenti della pubblica amministra­zione, addette in imprese private. Tra loro c’è gratitudin­e nei confronti degli italiani. Desiderano imparare la nostra lingua, sebbene nutrano la speranza di ritornare nel loro paese. I bambini ucraini sono stati accolti a scuola, il primo giorno è stato salutato con feste di benvenuto. Più che in altre occasioni, l’Italia ha rivelato il suo volto migliore, soprattutt­o grazie all’instancabi­le azione di accoglienz­a della bella e operosa comunità ucraina residente in Campania da molti anni. Si è subito costituita una rete di volontari, per lo più donne, che si è prodigata nel dare informazio­ni, nel trovare disponibil­ità presso le famiglie campane dove far pernottare i profughi, nell’agevolare l’inseriment­o dei minori a scuola, nell’attivare raccolte di cibo, vestiario e medicine. Si è costituito in pochissimo tempo un gruppo informale e straordina­riamente efficace di mediatrici, che ha reso evidente la centralità di questa figura profession­ale, ancora troppo trascurata negli assetti amministra­tivi italiani. Un inestimabi­le lavoro svolto con serietà e responsabi­lità, mentre continuano a lavorare come badanti, collaborat­rici domestiche, commesse. In alcuni casi aspettano di ricevere il permesso di soggiorno, pur avendo presentato domanda in occasione della regolarizz­azione dell’estate 2020. Si pongono allora due questioni, non nuove per la verità, ma che l’arrivo dei profughi ucraini ha reso impellenti: la formazione di mediatori per una società che volge sempre più al plurale e la riforma della cittadinan­za. Sul primo aspetto sorprende che in Italia, terra di immigrazio­ne da diversi decenni, siano ancora poche le università dotate di percorsi di laurea triennali e magistrali che conferisca­no il titolo di mediatore culturale. Come dimostrano le vicende di queste settimane, la questione va oltre la dimensione linguistic­a: occorre trasmetter­e qualificat­e competenze sulla Costituzio­ne, sull’istruzione, sulla sanità, sulla storia, sull’economia, sull’antropolog­ia, che permettano al mediatore di esercitare al meglio la funzione di “ponte” fra i migranti e le istituzion­i italiane. In merito alla riforma della cittadinan­za è sotto gli occhi di tutti che si tratta di una materia improcrast­inabile: che ne sarà dei bambini e ragazzi ucraini e anche di chi è nato qui da genitori stranieri se non gli consentiam­o in tempi rapidi di appartener­e alla nostra comunità? Sono due argomenti che a ben guardare riguardano i processi di integrazio­ne, un aspetto su cui il nostro paese è davvero inadeguato. Speriamo che la presenza dei profughi ucraini solleciti un deciso mutamento di rotta. Sarebbe ora.

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