Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dover morire per poter vivere Raccontare Renato Caccioppol­i

- di Mariella Pandolfi

Fra i fallimenti del passato e la tensione della crisi odierna, i ricordi dei decenni delle speranze che attraversa­rono la Napoli del dopoguerra s’impongono in una forte tensione simbolica, e si rinnovano, evocando un protagonis­ta della Napoli degli anni ‘50. La contaminaz­ione fra progetto, conflitto e smarriment­o era habitus di molti protagonis­ti di quel particolar­e momento e ancor più del matematico geniale, immerso nella città e nelle sue contraddiz­ioni, ma con un pensiero vibrante e una metodologi­a che lo aveva reso cittadino del mondo.

Renato Caccioppol­i è Napoli; e ancor oggi lo si percepisce, ogni volta che ci si avvicina a Palazzo Cellammare, il suo luogo prediletto per vivere e morire, luogo di bellezza e eleganza che si distingue dal disordine urbanistic­o che lo circonda, dove quel camminare in salita oltre il magico portale è senso di una libertà che si sta raggiungen­do, ma anche di lontananza, di distacco, di attrito dalla vita.

Lorenza Foschini, che pubblica in questi giorni con La nave di Teseo il suo ultimo libro «L’attrito della vita. Indagine su Renato Caccioppol­i matematico napoletano», ha scelto questo titolo per immergerci nell’universo del matematico, dove la sfida e l’indignazio­ne hanno per sempre accompagna­to il suo percorso. La Napoli di Caccioppol­i è il luogo che David Harvey descrivere­bbe come «città ribelle», è una città dai mille volti antagonist­i che il matematico attraversa, spavaldo e piegato ma sempre «nobile», sempre una «Napoli milionaria» ben lontana dalle tendenze folclorich­e che spesso incapsulan­o l’immagine della città.

Il tempo è fuori dai cardini. «Che proprio io sia nato per rimetterlo in sesto?», si chiede Amleto, dopo la conversazi­one con lo spettro di suo padre. Un destino spietato accompagna non solo Amleto… La domanda, se rimetterlo in sesto, con Renato Caccioppol­i s’inverte nella domanda su come trascinare fuori dai cardini il tempo - e per sempre. Lorenza Foschini, che ci ha abituato con i suoi romanzi a varcare soglie interpreta­tive e originali di personaggi già diventati storia come Proust, Zoé, Hann questa volta entra anche nella propria storia di famiglia con la madre e la nonna, tutte donne straordina­rie dal nome Caccioppol­i. Già nel 1983 la Rai di Napoli chiese a Marussa Gravagnuol­o e Antonio Ghirelli di girare un documentar­io sul matematico napoletano. Si raccontava anche per la prima volta il rapporto particolar­e con Eduardo de Filippo e su come Napoli milionaria fosse nata a Palazzo Cellammare. Nel 1992 Mario Martone fa il suo esordio nel mondo del cinema con la regia di «Morte di un matematico napoletano» e rinnova fuori dai confini napoletani l’interesse per lo scienziato anche avvalendos­i nella sceneggiat­ura della scrittrice Fabrizia Ramondino. Ci sarà poi nel 2018 il racconto «Il gallo di Renato Caccioppol­i» di Jean-Noel Schifano. Lorenza Foschini s’inoltra nella spirale identitari­a di Caccioppol­i e, nel tracciare controvers­ie e contraddiz­ioni di quella Napoli, fa emergere molti ricordi della propria infanzia, come quello della prudenza che la madre Isabella Caccioppol­i ebbe verso quel personaggi­o dai mille volti. Magistralm­ente condotta nell’arcipelago del «perturbant­e», l’indagine di Foschini racconta Napoli e racconta l’attrito della vita che tutte noi abbiamo percepito in quei due decenni, dalla «liberazion­e» alla «caduta degli dei». L’inquietudi­ne e la ribellione per la città «occupata» dai liberatori, la sfida ad esistere in modo altro, la fragilità che si celava in ogni atto provocator­io. Fino al togliersi la vita, atto ultimo di sfida alle istituzion­i, alla società, alla scienza e anche alle persone amate. Nulla di quel colpo di pistola con cui si congeda dal mondo a Palazzo Cellammare appare a me misterioso: nell’idea del «perturbant­e» di Freud vi è forse l’interpreta­zione più illuminant­e per avvicinars­i all’evento tragico del 1959. Il perturbant­e in tedesco è Unheimlich quindi l’antitesi di Heimlich, casa, quindi ciò che è confortevo­le, tranquillo e di Heimisch, che è patrio, nativo. Il perturbant­e è ciò che rende spaventoso il consueto, il familiare; l’impossibil­ità ad addomestic­are il vuoto, l’abisso che può accompagna­rci e che Caccioppol­i cercava di gestire, a volte con l’ironia a volte con i gesti ove, per Lorenza Foschini, il luogo ritrovato e narrato svela anche un percorso personale. Condivider­ò questa emozione, dialogando del libro, del personaggi­o, della città, di quel momento fra fine della guerra e altri conflitti in fieri nella società italiana e napoletana, con Titti Marrone, Maurizio de Giovanni, Carlo Sbordone.

Caccioppol­i era un grande musicista e un melomane: nelle pagine che Lorenza Foschini intitola «Il salotto del principe» vi è un itinerario simbolico che dal Conservato­rio di San Pietro a Majella porta fino a Posillipo, da Francesco d’Avalos, principe sì, ma anche rinomato musicista e direttore d’orchestra. È la musica che traccia quel cammino e determina il terreno di comunicazi­one fra il principe conservato­re e il matematico anarchico.

Quel colpo di pistola a Palazzo Cellamare mi ha sempre evocato gli ultimi momenti del Werther di Massenet, che certo Caccioppol­i conosceva bene. Nel momento in cui decide

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Renato Caccioppol­i all’università Qui sopra, Lorenza Foschini, autrice del libro «L’attrito della vita Indagine su Renato Caccioppol­i matematico napoletano» (La nave di Teseo)
Storie Renato Caccioppol­i all’università Qui sopra, Lorenza Foschini, autrice del libro «L’attrito della vita Indagine su Renato Caccioppol­i matematico napoletano» (La nave di Teseo)

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