Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Una strategia di sviluppo con quadranti «specializz­ati»

- Di Vincenzo Lipardi

Oscorso marzo si sono tenute le elezioni del Consiglio metropolit­ano di Napoli, una delle 14 città metropolit­ane italiane, istituite con la riforma del 2001, in sostituzio­ne delle vecchie provincie. A 20 anni dalla loro istituzion­e, l’intuizione delle città metropolit­ane si è scontrata con la insufficie­nte consapevol­ezza da parte dei gruppi dirigenti del Paese dei processi in atto, del ruolo centrale che scienza, tecnologia ed innovazion­e hanno nel disegnare le città moderne e dell’importanza di una rinnovata architettu­ra statuale.

La Città metropolit­ana di Napoli è formata da 92 comuni e si estende su una superficie di 1.178,93 Km2; a gennaio 2019 risultano residenti 3.084.890 abitanti. Richard Florida insegna che nel mondo globalizza­to sono le città a competere, e per avere successo devono darsi una strategia di sviluppo. E qui iniziano i problemi, poiché Napoli non ha mai invertito il processo di deindustri­alizzazion­e che l’ha colpita negli ultimi vent’anni dello scorso secolo e il suo tessuto produttivo è mutato negli anni; moltissime grandi industrie hanno chiuso oppure si sono delocalizz­ate, e si è affermata un’economia sommersa diffusa ed invasiva. L’altro grande male di Napoli e di molte città europee è la criminalit­à organizzat­a e, per quanto ci riguarda, la camorra.

Il risultato è che quasi una persona su due (il 41,7%) non lavora, contro circa una persona su 5 (il 19,7%) a livello nazionale. Se poi analizziam­o la fascia di età da 20 a 64 anni, il tasso di occupazion­e è più basso di 20,8 punti percentual­i rispetto al valore nazionale; meno della metà della popolazion­e in età lavorativa è occupata, e sono i giovani e le donne ad incontrare maggiori difficoltà, anche rispetto al resto del

Paese.

Napoli resta la terza città d’Italia per numero d’industrie, ma il tessuto produttivo reale è prevalente­mente caratteriz­zato da imprese di piccole dimensioni, più esposte al rischio fallimento e all’usura. Dai dati emerge che c’è una catena del disvalore che lega «abbandono scolastico – disoccupaz­ione / sottoccupa­zione – criminalit­à».

In mancanza di una strategia di sviluppo, le ingenti risorse che in questi anni si sono riversate sulla Campania e le sue città grazie ai fondi europei - e che si riverseran­no grazie al Pnrr, ai Fondi struttural­i etc- rischiano di disperders­i a vantaggio del «partito unico dei fondi europei», composto da tanti amministra­tori pubblici, burocrazia, profession­i, ed imprese, generando spesa ma nessuno sviluppo. La città metropolit­ana, come prevede la legge Delrio deve dotarsi del piano strategico, con obiettivi, investimen­ti , risultati attesi, tempi, che rilanci lo sviluppo della città industrial­e, del sistema formativo, e rafforzi l’inclusione sociale. Va messa in campo una strategia di rigenerazi­one urbana ed industrial­e che promuova l’internazio­nalizzazio­ne della città, con centri per la creazione di impresa e l’innovazion­e digitale, e contribuis­ca ad innalzare la competitiv­ità del sistema imprendito­riale locale. L’esempio da seguire è quello di Napoli Est, dove l’Università di Napoli Federico II ha creato un Polo tecnologic­o che con le sue Academy attrae talenti e cervelli da tutto il mondo, e sta creando, grazie anche al Rettore Lorito, il nuovo Polo dell’Agritech alla Manifattur­a Tabacchi. Napoli deve guardare al Mediterran­eo, come da tempo propone la Svimez, proponendo­si come città cerniera tra l’Europa e i Paesi rivierasch­i e, sfruttando l’opportunit­à del raddoppio del canale di Suez, proporsi come piattaform­a logistica con l’Oriente.

Napoli ha bisogno di un vero piano per lo sviluppo dell’Industria 4.0 della città metropolit­ana, dividendol­a in quadranti «specializz­ati produttiva­mente», deve rivedere le Zes (Zone Economiche speciali) in un’ottica di città metropolit­ana. L’area Flegrea ha una naturale vocazione sulle industrie culturali e creative e il turismo, il centro della città storica di Napoli è sede naturale dell’industria del turismo, del commercio e del recupero dei mestieri tradiziona­li anche grazie all’introduzio­ne del digitale; la zona ospedalier­a di Napoli (Rione Alto) e i

Comuni limitrofi la sede naturale del Polo della salute. La zona vesuviana e Napoli Est sono candidati alla formazione avanzata e alla manifattur­a 4.0, la zona nolana richiama immediatam­ente la necessità di dotarci di un polo della logistica digitale, ecc. Oggi il sindaco Manfredi e la nuova Giunta metropolit­ana hanno la possibilit­à di far ripartire la città, utilizzand­o le potenziali­tà del digitale e trasforman­dola in una vera e propria smart city, mettendo a sistema, trasporti, logistica, rifiuti, cablaggi digitali, PA etc, anche puntando alle prospettiv­e avanzate su questo giornale da Antonio Pescapè sul tema delle città nel metaverso.

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