Corriere del Mezzogiorno (Campania)
DONNE E MAFIA CONFLITTI AL FEMMINILE
Il Campania Teatro Festival presenta stasera un testo tratto da «Nostro Onore», libro del magistrato Marzia Sabella: otto monologhi che raccontano le cosche Domani la pièce di Emanuele Aldrovandi «La pace non è mai stata un’opzione»
Donne e conflitti, collettivi e individuali, al Campania Teatro Festival. A partire da «Mafia: singolare femminile», stasera in scena alle 21 a Capodimonte, nel Giardino paesaggistico di Porta Miano. Al centro del testo della drammaturga Cetta Brancato e del magistrato Marzia Sabella, ci sono otto storie di donne di mafia, monologhi che raccontano l’altra faccia del fenomeno delle cosche siciliane.
La pièce diretta da Enrico Stassi si ispira liberamente al libro «Nostro Onore», scritto dalla stessa Sabella e ha per protagoniste Stefania Blandeburgo, Maria Teresa Coraci, Giuditta Perriera e Francesca Picciurro. Da una parte le tre voci che testimoniano le loro vite all’interno di un meccanismo perverso e spesso più grande di loro, dall’altra quella, che come un moderno coro, legherà le vicende dando continuità al senso dei monologhi. Risultato, una tragedia moderna, nella quale non c’è catarsi. La produzione è di Fontarò–Circolo Arci di Palermo.
Domani, invece, per la sezione Osservatorio, sempre a Capodimonte, nelle Praterie del Gigante alle 21, in scena «La pace non è mai stata un’opzione» di Emanuele Aldrovandi per la regia di Silvio Peroni. E si passa alla riflessione individuale, un’analisi sul rispecchiamento della propria identità, su come si vorrebbe che quell’immagine fosse restituita, nell’eterno conflitto del sé visto dall’altro. Protagonisti Aurora Peres e Marco Quaglia, coppia di sposi protagonista di un duro scontro dialettico.
«Si è deciso di concentrare il lavoro registico sugli attori – spiega Pieroni -, sulla capacità di raccontare e sulle relazioni che si stabiliscono tra autore, attore e spettatore, un triangolo comunicativo che pone l’accento sulle do«Mafia: singolare femminile» (foto Stefania Mazzara, Fondazione Orestiadi di Gibellina mande poste dal testo e sulle immagini emotive ricreate dalle parole». Perché in gioco non c’è solo l’amore, ma la percezione che ognuno ha di sé.