Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA «FEDE» NELLE REGOLE
Il divieto di feste nuziali in chiesa e locali attigui ribadito ieri dall’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, è planato sulla città «irregolare» per eccellenza come una salutare doccia fredda. Nella sostanza, contro cosa punta l’indice l’austero richiamo al «direttorio» con cui la Curia arcivescovile di Napoli ricorda a parroci e fedeli, che nelle chiese non è consentito effettuare il ricevimento nuziale? Contro la pratica di riservare locali e spazi, che il diritto canonico sancisce essere riservati esclusivamente al culto, anche a banchetti e altro genere di attività ricreativa. Su internet proliferano siti e sponsorizzazioni di simili location, verso cui è arrivata la stigmatizzazione di monsignor Battaglia. Chiese, chiostri, terrazze: chi più ne ha più ne metta. I wedding planner sono più attivi che mai da quando si sono allentate le restrizioni, il mercato degli sposalizi rappresenta una parte consistente del Pil cittadino. Quindi come mai un arcivescovo venuto dall’assistenza agli ultimi si vuol mettere di traverso a questo ben oliato sistema di profitto?
Ci vuol coraggio a opporsi ai mercimoni di una città con l’anima sanfedista. A ben vedere, il richiamo della curia napoletana, rappresenta un altro piccolo tassello verso un ritorno alla legalità che negli ambienti curiali così come nel resto della città, può essere considerato più che salutare. Anzi.
Verrebbe quasi da dire che se i nostri amministratori avessero la stessa spinta al rispetto del diritto del nostro arcivescovo forse il degrado odierno della città sarebbe decisamente meno intenso di come ogni giorno quotidiani, web e televisioni documentano sotto i nostri occhi. Il monito curiale si limita a porre attenzione su una regola già esistente, attività che probabilmente in un altro contesto risulterebbe inutile, come se la polizia municipale emettesse un comunicato stampa per ricordare che in scooter bisogna indossare il casco.
Si tratta di una cosa minima, ma che in una città dove ogni cosa si fa informale e quindi poco alla volta scivola oltre i confini del fuorilegge con il preciso obiettivo di favorire rendite di posizione preesistenti e accumulare ricchezze - è necessaria per la tutela dei più deboli. Parroci, rettori e presbiteri che finora hanno avallato questa pratica non saranno contenti del richiamo, eppure simbolicamente il «rimprovero» è di esempio per il resto della città. Ridiscutere rendite di posizione assodate e ritenute inviolabili, mettere mano all’incrostazione che domina Napoli, fatta di affarucci e mazzette, diritti che vanno comprati, spazi pubblici gestiti da interessi privatistici, è ciò di cui avrebbe bisogno oggi ogni ramificazione della vita civile napoletana.
Napoli andrebbe rivoltata come un calzino e ogni calzino, ci ha ricordato monsignor Battaglia, si rivolta a partire da piccoli e concreti gesti.