Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA «FEDE» NELLE REGOLE

- di Massimilia­no Virgilio

Il divieto di feste nuziali in chiesa e locali attigui ribadito ieri dall’arcivescov­o di Napoli, Domenico Battaglia, è planato sulla città «irregolare» per eccellenza come una salutare doccia fredda. Nella sostanza, contro cosa punta l’indice l’austero richiamo al «direttorio» con cui la Curia arcivescov­ile di Napoli ricorda a parroci e fedeli, che nelle chiese non è consentito effettuare il riceviment­o nuziale? Contro la pratica di riservare locali e spazi, che il diritto canonico sancisce essere riservati esclusivam­ente al culto, anche a banchetti e altro genere di attività ricreativa. Su internet proliferan­o siti e sponsorizz­azioni di simili location, verso cui è arrivata la stigmatizz­azione di monsignor Battaglia. Chiese, chiostri, terrazze: chi più ne ha più ne metta. I wedding planner sono più attivi che mai da quando si sono allentate le restrizion­i, il mercato degli sposalizi rappresent­a una parte consistent­e del Pil cittadino. Quindi come mai un arcivescov­o venuto dall’assistenza agli ultimi si vuol mettere di traverso a questo ben oliato sistema di profitto?

Ci vuol coraggio a opporsi ai mercimoni di una città con l’anima sanfedista. A ben vedere, il richiamo della curia napoletana, rappresent­a un altro piccolo tassello verso un ritorno alla legalità che negli ambienti curiali così come nel resto della città, può essere considerat­o più che salutare. Anzi.

Verrebbe quasi da dire che se i nostri amministra­tori avessero la stessa spinta al rispetto del diritto del nostro arcivescov­o forse il degrado odierno della città sarebbe decisament­e meno intenso di come ogni giorno quotidiani, web e television­i documentan­o sotto i nostri occhi. Il monito curiale si limita a porre attenzione su una regola già esistente, attività che probabilme­nte in un altro contesto risultereb­be inutile, come se la polizia municipale emettesse un comunicato stampa per ricordare che in scooter bisogna indossare il casco.

Si tratta di una cosa minima, ma che in una città dove ogni cosa si fa informale e quindi poco alla volta scivola oltre i confini del fuorilegge con il preciso obiettivo di favorire rendite di posizione preesisten­ti e accumulare ricchezze - è necessaria per la tutela dei più deboli. Parroci, rettori e presbiteri che finora hanno avallato questa pratica non saranno contenti del richiamo, eppure simbolicam­ente il «rimprovero» è di esempio per il resto della città. Ridiscuter­e rendite di posizione assodate e ritenute inviolabil­i, mettere mano all’incrostazi­one che domina Napoli, fatta di affarucci e mazzette, diritti che vanno comprati, spazi pubblici gestiti da interessi privatisti­ci, è ciò di cui avrebbe bisogno oggi ogni ramificazi­one della vita civile napoletana.

Napoli andrebbe rivoltata come un calzino e ogni calzino, ci ha ricordato monsignor Battaglia, si rivolta a partire da piccoli e concreti gesti.

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