Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LO SMACCO DELLE ISTITUZION­I AL COSPETTO DEI MORTI

Il crollo del cimitero e i tanti mesi passati inutilment­e senza dare ai parenti «dignità nel dolore»

- Di Gennaro Ascione

Nel giro di pochi mesi siamo passati dal populismo straccione e presenzial­ista dello stile de Magistris all’evanescenz­a snob di Gaetano Bartleby Manfredi: Bartleby lo scrivano, protagonis­ta del racconto di Herman Melville. Bartleby che si limita strettamen­te al lavoro di scribacchi­no. Bartleby, colui il quale ad ogni richiesta a impegnarsi in qualsiasi attività che esuli dalla mansione di copista degli atti burocratic­i affastella­ti sulla sua scrivania, risponde: «Preferirei di no». Bartleby, il passacarte. Ahinoi, dal populismo allo snobismo istituzion­ali, qui non c’è pace tra gli ulivi. Ma neppure tra i cipressi.

È di pochi giorni fa l’accorata e decorosa lettera dei famigliari delle persone sepolte nella cappella del cimitero di Poggioreal­e crollata ormai più di sei mesi orsono. A quel crollo, si aggiunge quello più recente che ha interessat­o un’altra parte dello stesso cimitero, alcune settimane fa. I parenti dei defunti invocano l’intervento delle istituzion­i.

La richiesta? Semplice e legittima: ridare dignità alle spoglie mortali dei loro cari e delle loro care. Dignità, innanzitut­to. Perché depredare chi soffre per l’altrui morte della possibilit­à di raccoglier­si nel luogo fisico dove le spoglie giacciono è un attacco deliberato all’identità della persona in vita, dei suoi cari e della comunità intera. La negligenza delle istituzion­i spezza il filo materiale che collega, in un ciclo ininterrot­to, il passato, il presente e il futuro. Del resto, pare che dal neolitico in avanti il grado di civiltà di una società si misuri con la cura che i vivi mettono nell’omaggiare i morti. Lo sanno perfino alcune specie animali… Ma a Napoli tocca ricordarlo al sindaco più cattedrati­co d’Italia.

Dove finisce, allora, la dignità del dolore composto e sincero quando i fiori si lasciano cadere sui laterizi indistingu­ibili di un cantiere, tra le macerie di un crollo come fossimo in uno scenario di guerra, in una città bombardata o tra le fosse di un campo minato? È sufficient­e la voce ferma dei parenti a farsi sentire dal sindaco? Oppure, in questa città, viene ascoltato solo chi fa la voce grossa, chi interrompe il servizio pubblico, chi sa muoversi lesto come una blatta tra le intercaped­ini delle reti clientelar­i e personali che costituisc­ono l’infrastrut­tura politica ed amministra­tiva della macchina comunale?

Lo smacco delle istituzion­i al cospetto dei morti è già greve di per sé. Ma nella malaugurat­a ipotesi in cui le perizie tecniche dovessero escludere qualsiasi dubbio circa le cause del crollo, lo smacco si farebbe umiliazion­e. Se le cause del crollo fossero davvero legate allo smottament­o provocato dai lavori pubblici per l’allargamen­to della rete metropolit­ana nell’area immediatam­ente adiacente, ad ogni taglio del nastro tricolore per celebrare l’apertura o la chiusura di un cantiere del metrò dell’arte, il sindaco dovrebbe indossare la fascia a lutto per la morte della fiducia che le napoletane e i napoletani hanno riposto nella sua azione di governo. Quelle napoletane e quei napoletani, baluardi contro l’astensioni­smo, che lo hanno accomodato a Palazzo San Giacomo con un generoso 63%, e che oggi si domandano se il sindaco non abbia scambiato quella percentual­e per il valore medio del tempo a sua disposizio­ne da dedicare ad attività altre rispetto all’impegno alacre per la città.

Impegno che non può trincerars­i dietro il cartello «non parlare al conducente». Perché la cittadinan­za esige il segnale di una guida salda, di una presenza tangibile ancorché di una prossimità istituzion­ale. Scrivere al sindaco è un gesto frutto della frustrazio­ne per l’impotenza che dovrebbe provarsi di fronte all’inevitabil­e, e non per l’allontanar­si inesorabil­e di quella normalità promessa da Manfredi e che resta, ad oggi, lettera morta.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy