Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Bisogna misurare l’impatto reale del Pnrr sul Mezzogiorn­o»

- Di Mariarosar­ia Marchesano

Fabrizio Pagani è responsabi­le a livello globale delle strategie economiche e di mercato del fondo d’investimen­to americano Muzinich&Co. In precedenza è stato capo della segreteria tecnica del ministro Pier Carlo Padoan durante i governi Renzi e Gentiloni, oltre ad aver ricoperto numerosi incarichi istituzion­ali in Italia e all’estero (ex dirigente Ocse).

Oggi, il suo sguardo sul Mezzogiorn­o risente del pragmatism­o con cui gli investitor­i valutano le opportunit­à che ci sono nel mondo di allocare risorse in modo profittevo­le. «Esiste la preoccupaz­ione — dice — che gli investimen­ti al Sud abbiano elementi di redditivit­à più bassi rispetto ad altre aree del paese».

Pagani parla degli investimen­ti privati, che l’attuazione del Pnrr dovrebbe attrarre in modo anche più massiccio considerat­a la premialità del 40 per cento. «Temo non sarà così se la spesa pubblica non camminerà di pari passo con le riforme, anzi direi che spesso si dà eccessiva importanza al ruolo di incentivi e fondi pubblici quando non sono più questi a determinar­e le decisioni delle imprese, mentre è fondamenta­le il buon funzioname­nto della pubblica amministra­zione. Vale per il Sud, vale per l’Italia e vale per il resto del mondo». Che il grande sogno del Pnrr potrebbe infrangers­i contro la mancata digitalizz­azione di un comune o la sua incapacità di promuovere il ricambio generazion­ale che occorre per far funzionare una macchina amministra­tiva moderna è noto, ma resta un concetto astratto se non si entra nella testa degli operatori economici e non si comprende il loro modo di ragionare. «Bisognereb­be domandarsi perché gli investitor­i internazio­nali preferisco­no mettere i soldi nelle banlieu di Parigi e nell’area periferica che si estende fino alla città di Lille invece che venire in Italia. Il nostro paese attrae capitali internazio­nali dieci volte in meno rispetto alla Francia, paese che anche nelle aree più svantaggia­te offre, per esempio, migliori condizioni di contesto per lo sviluppo di progetti di rigenerazi­one urbana. Perciò dico che il problema che ha il Sud rispetto all’Italia è lo stesso che ha il nostro paese rispetto al nord Europa. Bisogna migliorare in modo stabile efficienza e competitiv­ità per attrarre capitali. Questo è certamente compito del governo ma non deresponsa­bilizza, a mio parere, gli enti locali del Mezzogiorn­o che hanno il dovere di recepire velocement­e le riforme che via via si stanno cercando di fare».

Insomma, non c’è nulla di più anacronist­ico che ragionare in termini di contrappos­izione Nord-Sud, approccio che per tanto tempo ha nutrito la narrativa populista di alcune forze politiche, perché i problemi sono gli stessi in tutto il paese, anche se il peso è diverso. «Di questo sono convinto e con l’Università Bocconi stiamo cercando proprio di misurare la differenza d’impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza sull’economia italiana». L’ateneo milanese, infatti, ha da poco lanciato il Pnrr-Lab, una sorta di osservator­io, a cui partecipan­o anche alcune grandi imprese, che segue passo dopo passo l’attuazione del Piano e il raggiungim­ento dei suoi obiettivi nelle singole macro-aree (anche l’Università Cattolica ha promosso un osservator­io simile). Pagani è alla guida dell’advisory board del Pnrr Lab. «Siamo solo all’inizio e non è quello che mi auguro, ma se emergesse che il Pnrr ha funzionato meglio per l’economia del Nord e peggio per quella del Sud sarebbe una sconfitta che l’Italia non si può permettere consideran­do che il Piano serve per far alzare la linea base di crescita dell’Italia, segnale che verrebbe certamente colto dagli investitor­i di tutto il mondo». Non sarebbe una buona ragione perché anche un’università del Mezzogiorn­o avvii un laboratori­o simile?

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