Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Castellucci e Pichon: il nostro «Requiem» è vita
L’allestimento scenico del regista romangnolo vede sul podio il maestro francese
Inquietante, sconvolgente, visionario, dissacrante, sono alcuni degli aggettivi ricorrenti nel definire «Requiem» lo spettacolo di Romeo Castellucci costruito sulla musica dell’estremo capolavoro di Mozart per il Festival di Aix en Provence e da stasera alle 20 in scena al San Carlo.
Con il francese Raphaël Pichon sul podio a condurre i solisti Giulia Semenzato, Sara Mingardo, Julian Prégardien, Nahuel Di Pierro e la voce bianca César Badault del Münchner Knabenchor, l’Ensemble Pygmalion e l’Orchestra del Massimo napoletano, sul palco si svilupperà la drammaturgia di Piersandra di Matteo con la coreografia di Evelin Facchini per il Balletto del San Carlo diretto da Clotilde Vayer.
Quasi tutti i protagonisti approdano per la prima volta al San Carlo, anche Castellucci, che però non è al debutto in città, avendo già realizzato qui installazioni e regie teatrali, ma quello della musica è un territorio caro al regista cesenate, che non riconosce virtù superiori di interpretazione della storia e dell’esistente agli artisti, ma una missione comunicativa, come qualche tempo fa ha rivelato al «Corriere del Mezzogiorno: «La musica è un mondo quasi inesplorato sul piano registico e può corrispondere all’idea di arte totale che mi interessa. L’opera per essere viva deve bruciare, è questo il compito degli artisti».
A riprendere le parole di un Mozart negli ultimi mesi di vita, in cui il genio rivelava, a dispetto della giovane età, un rapporto sereno con la morte, definita «vera meta della nostra vita... così che la sua immagine non solo non ha per me più niente di terribile, ma anzi molto di tranquillizzante e consolante!», afferma il regista romagnolo. «Dovremmo percepire e celebrare la fine come l’altra faccia di una festa, dove le danze continuano. Questa Missa pro defunctis viene così trasposta e il suo significato cambiato».
Gli fa eco il maestro Pichon: «Il Requiem di Mozart viene cantato innumerevoli volte nel mondo e rappresenta un momento rituale per noi che lo interpretiamo e per chi vi partecipa nel pubblico, non è per chi non c’è più, è una celebrazione della vita, molto più che dei morti». E la drammaturgia, coerentemente, ripercorre le fasi della vita a ritroso, iniziando con il mostrarci un uomo morente per svilupparsi fino a rendere protagonista un neonato.
Infine, ancora al «Corriere», in occasione della sua ultima presenza cittadina, Castellucci su Napoli: «È l’ancora di salvezza per la cultura italiana. Una città con una continua tensione verso la ricerca e con intrecci fra editoria, teatro, arte e musica, come non ce ne sono altrove».