Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Vi racconto mio padre Ciriaco: da Craxi nel nostro salotto al grazie di Giorgia Meloni»

La figlia dell’ex presidente del Consiglio a un anno dalla scomparsa: un politico di ghiaccio, ma un papà e un nonno di zucchero filato

- di Simona Brandolini

«Un uomo di ghiaccio in politica, ma un padre e un nonno di zucchero filato». Il 26 maggio è una data che Antonia De Mita non dimentiche­rà più. È la figlia più grande e anche quella più vicina all’ex presidente del Consiglio, tra le figure politiche più longeve e potenti della storia italiana, mancato appunto un anno fa. «Sono sensitiva — dice Antonia —, alla fine del lockdown, mi sono detta: lascio tutto, lascio Roma e vado da mio padre. Perché lo sentivo che sarebbe successo. Ho attraversa­to un dolore impensabil­e, sapevo che avrei sofferto, a 93 anni te lo aspetti. Ma io sono morta assieme a mio padre». Quello che segue è il racconto, politico e personale, sempliceme­nte di una figlia.

Che rapporto avevate?

«Un rapporto totalizzan­te. Forse esagerato. Ne abbiamo sempre avuto consapevol­ezza. Da qualsiasi parte del mondo tornassi, quando si apriva il portellone dell’aereo, sulla scaletta, trovavo lui, papà. E io ho lasciato tutto per lui. A Nusco ogni sera, alle 8, veniva in stanza per darmi la buonanotte. Quando non capitava, mi preoccupav­o, negli ultimi tempi non camminava bene. Ma non ha mai voluto il bastone, che è molto chic, nonostante fosse l’uomo più naturalmen­te elegante che abbia mai conosciuto».

Tra l’altro suo nonno, il papà di Ciriaco De Mita, era sarto.

«Conosceva i tessuti e si vestiva bene, ma aveva un’eleganza innata».

Cosa le ha insegnato più di tutto?

«Io tento di essere cristiana, non cattolica. Quello che è stato chiamato assistenzi­alismo, in senso deteriore, a casa mia significav­a aiutare le persone senza aver nulla in cambio. Certo non voti. Papà è stato molto potente, lo so. Ma anche se non facevamo la preghiera prima di mangiare, quando qualcuno aveva un problema, lo si aiutava. Non è buonismo, è avere valori solidi».

Certo che nell’immaginari­o di chi ha visto il De Mita pubblico è difficile pensare all’aggettivo “buono”: si direbbe ironico, a volte cinico, anche feroce, ma non buono.

«In politica è stato l’uomo di ghiaccio. Gliene dicevano di qualsiasi tipo, non faceva una piega. Ma nel privato, no. Poi con gli anni si è ancora più ammorbidit­o. La grande svolta sono stati i nipoti, sette. Un uomo di zucchero filato».

Andiamo per periodi: cosa ricorda del sequestro Moro?

«Ciriaco era legatissim­o ad Aldo Moro, aveva un affetto umano e un’ammirazion­e profonda nei suoi confronti. Lo amava anche caratteria­lmente, per la sua mitezza, così diverso da lui. Io ricordo solo che ero a scuola e tutti urlavano “la De Mita deve essere portata fuori”. Mi sono venuti a prendere, caricata in auto. Mio padre non l’ho visto per tutto il periodo del sequestro».

Con Bettino Craxi invece non si sono mai capiti, in fondo.

«Mio padre non era mondano, le riunioni si tenevano o a piazza del Gesù o in casa, quindi ascoltavo. Un giorno, prima della famosa staffetta, ricordo ancora cosa indossassi e cioè un pantalone grigio e una camicia bianca, mi giro e vedo in salotto Bettino Craxi. Io gli dico: ma lei è Craxi? Non aveva occhi, ma uno scanner. Sorrise e se ne andò. Io sentivo che tutti dicevano che litigavano, ma poi se si guardano le foto di papà e Craxi insieme non ce n’è una in cui non ridano. C’era stima e io penso che papà per riavere Bettino tra i piedi, avrebbe fatto i salti mortali».

Dagli anni ’80 al 2008, la rottura con il Pd, anzi con Veltroni.

«Prima della convention del Lingotto, papà chiama Veltroni, purtroppo aveva il vizio di pensare che gli altri lo dovessero ascoltare. La linea cade, Veltroni non lo richiama più. Mio padre capisce e in assemblea dice: questo è il mio ultimo discorso. Mi prese un colpo. Poi capii che voleva dire che sarebbe stato l’ultimo discorso nel Pd. Ne abbiamo la certezza, quando a un certo punto ci arriva una telefonata di una giornalist­a che avverte papà che Veltroni avrebbe preferito Pina Picierno a lui. Voleva chiudere la sua carriera politica. Lo minacciai, gli dissi: me ne vado, se butti la tua carriera politica così. Mi ascolta. Chiamiamo Tabacci, che stava mettendo su la Rosa bianca, e ci alleiamo con lui. Ma quella fu una botta vera, anche se si è ripreso da solo. De Mita spostava il 7 per cento o anche solo il 3 per cento, che ha fatto vincere De Luca in Regione. Era così».

Poi ci sono state le schermagli­e con Matteo Renzi, sul referendum soprattutt­o: De Mita sosteneva il no, storico il loro incontro moderato da Enrico Mentana su La7.

«Una volta andammo al San Carlo ad ascoltare Kaufmann. Era atteso Matteo Renzi, presidente del Consiglio. Tutti erano lì per lui, mica per l’opera. Dopo ci fu un aperitivo sulla terrazza del Circolo dell’Unione, io ero stanca. Dico a mio padre: ma vuoi andare a salutare Renzi? Lui mi fa: e tu? No, allora andiamo a casa. Ce ne siamo andati, quando tutta Italia era ai piedi di Renzi».

Aldo Moro Lo stimava tantissimo e per lui aveva anche affetto

Matteo Renzi Da premier arrivò al San Carlo ma lui non andò a salutarlo

Rotondi Quando papà è morto tanti gli sciacalli così abbiamo scelto lui

Uno degli uomini più potenti d’Italia perché torna a fare il sindaco, ad oltre ottant’anni, nel piccolo paese natale di Nusco?

«Perché non fare politica, non era contemplat­o. E nella prima fase si è molto divertito: con Fabrizio Barca hanno messo insieme 25 comuni e le risorse. Un piccolo Pnrr anti litteram».

E poi?

«Poi si è divertito di meno, perché la testa di papà, fuori dalla norma, si è scontrata con il paese».

Tre figli, nessuno di voi, ha fatto politica. O almeno nessuno si è mai candidato, neanche lei.

«Premessa: invece di mandarmi in crociera, ho partecipat­o a tutte le feste e i convegni della Dc. Sono cresciuta con mostri sacri. Nessuno di noi ha fatto politica in maniera ufficiale, diciamo, io ho sempre fatto politica con mio padre. Alle regionali mi sarebbe piaciuto candidarmi. Poi ho visto le tredici liste di De Luca, un caravan serraglio, ho evitato. Ma la politica senza partiti non esiste».

De Luca Alle elezioni regionali mi sarebbe piaciuto candidarmi Poi ho visto le tredici liste di De Luca, un caravan serraglio, ho evitato La politica senza partiti non esiste

Esiste, invece, un erede politico di Ciriaco De Mita? È lei?

«È come se chiedesse alla figlia di Maria Callas, ti piace cantare. La figlia di Italo Calvino, Giovanna, scrive benissimo, le ho chiesto una volta perché non pubblicass­e mai nulla. Lei mi ha risposto: e me lo chiedi pure? Io ho pudore perché c’è Ciriaco davanti a me. Ho vissuto la politica più alta, con tutti i limiti e i difetti».

Suo padre era un uomo di centrosini­stra (nonostante la parentesi in Regione con Stefano Caldoro), ma alle politiche lei ha sostenuto Gianfranco Rotondi e la destra.

«Quando è morto mio padre sono arrivati gli sciacalli che si contendeva­no il consenso e il nome di mio padre. Pensavano di essere gli eredi. A quel punto io e mia madre abbiamo deciso di sostenere Rotondi. Ho chiesto perdono a mio padre per quella fiamma nel simbolo, so che ha capito. Meloni ci ha ringraziat­o pubblicame­nte. Ma io pensavo che perdessimo. E invece abbiamo vinto. E sono sicura che papà sia stato contento: ho fatto fuori tutti quelli che lo hanno tradito. Questo sempre perché non faccio politica».

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Insieme Ciriaco e Antonia De Mita, un rapporto strettissi­mo tra padre e figlia
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