Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Sequoia», Fiano riserva naturalmente longevo
Nata a metà della prima decade degli anni Duemila per iniziativa di Lorenzo Fonzone, chirurgo ortopedico di chiara fama, l’azienda, appellata con il cognome del fondatore, si è conquistata in poco più di tre lustri una solida reputazione tra gli appassionati dei vini irpini grazie a interpretazioni filologicamente corrette dei vitigni autoctoni del distretto enologico Avellinese. Proprietà e staff tecnico hanno capito che, al di là del valore aggiunto apportato dai grappoli di annate particolarmente felici, il livello qualitativo non deve mai scendere al di sotto di certi standard: l’affidabilità è infatti il primo pregio che rende grande un produttore. Era un po’ che non recensivo i loro vini, anche se ho sempre continuato ad assaggiarli. Per la rentrée ho scelto una delle loro etichette di punta, vale a dire il Fiano di Avellino riserva Sequoia. Prima e unica annata in commercio è la 2000. Nasce in un singola vigna ubicata nel comune di Parolise. E incontra il calice solo dopo una attesa che si prolunga ben oltre i tempi dettati dal disciplinare di produzione. Passo, dunque, al racconto. Dimostra identità varietale già nel colore, che definirei verdolino. La consistenza risulta evidente durante la compassata rotazione nel bicchiere. Il bouquet, principale punto di forza di questo super Fiano, è intenso, variegato ed elegante. Dopo leggeri sentori floreali, si avvertono fragranze più marcate di frutta bianca matura (soprattutto di pera), note insinuanti di agrumi. Il sorso è grasso, ma per nulla stanco grazie alla sostenuta freschezza che gioca da equilibratore. Si caratterizza anche per gli spunti leggermente sapidi e i dettagli di nocciola tostata. Nella norma la persistenza, apprezzabile l’armonia complessiva. Già molto buono al momento, avrà una lunga e significativa evoluzione. Provatelo sui crostacei, meglio se crudi, sul pesce di scoglio all’acqua pazza, sui formaggi di media stagionatura, sulle carni bianche.