Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Juan Uslé: i miei segni come battiti del cuore
C’è una evidente necessità di pittura che emerge dalla mostra «Ácrono» di Juan Uslé, visitabile nella Galleria di Alfonso Artiaco fino al 23 giugno. Nella serie di 25 opere esposte nello storico palazzo di piazzetta Nilo, c’è infatti sempre una relazione diretta fra il gesto dell’artista spagnolo e la sua intenzione espressiva, quasi come se altri media ne rallentassero l’immediatezza. «Ho provato - conferma Uslé - altre esperienze come la fotografia, ma c’era una distanza tecnologica fra il mio pensiero e il risultato che mi ha rimandato in modo sempre più convinto all’uso della tavolozza, su cui realizzo i miei colori artigianalmente, memore delle lezioni apprese da giovane all’Accademia di Valencia».
Fra tele grandi e piccoli disegni, infatti, c’è un filo rosso, che riporta alla memoria il flusso dell’acqua e in particolare dei fiumi, quelli dell’infanzia in Cantabria, ma anche quelli visti più recentemente in Canada, da quando il pittore si divide fra la sua regione d’origine e New York. Un rincorrersi di segni e di onde, sulla dominante del blu, chiaro nella parete dei 12 disegni, intitolati con sequenze numeriche «Notes on Sqr», tutti realizzati nel 2021. E poi ci sono quelle piccole linee accostate le une alle altre in modo rapido, come le oscillazioni di un elettrocardiogramma, che attraversano a fasce le tele più grandi come l’iniziale «Sone que revelabas» del ’20 e la relativa serie successiva, che cambiando colori e formati, non perde però il senso del suo battito cardiaco, avvertito nel pulsare del sangue sul polso e riprodotto per segmenti nei suoi quadri. Con una concessione anche all’ambiente settecentesco che lo ospita.
«Ho concepito “Giròvaga (barrida)” proprio per questo spazio, immaginando una sorta di spirale dorata che si avvolge intorno a una colonna sottile. Una suggestione che mi è venuta visitando alcune chiese barocche». Che gli hanno confermato la vicinanza assoluta fra Napoli e la sua Spagna. «Non c’è dubbio – conclude Uslè – ma con questa mia terza mostra da Artiaco, posso affermare che qui c’è più autenticità, mentre le nostre grandi città stanno diventando dei grandi “turistifici” molto standard. E poi qui avverto una dimensione urbana complessa che mi riporta a New York, dove vivo parte della mia vita».