Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL DECLINO DEI LIBRI AL SUD E I RISCHI DELL’ERA DIGITALE
I dati disastrosi sulla lettura evidenziano il processo in atto verso la «primavera dell’ignoranza»
Il direttore Enzo d’Errico ha recentemente posto l’accento sulla fruizione di informazione e cultura tra carta stampata e web alla luce dei recenti dati Istat sulla lettura in Italia.
I dati nazionali pubblicati il 18 maggio sulla lettura dei libri sono in ulteriore lieve discesa e tutt’altro che rassicuranti poiché in Europa siamo stabilmente in fondo al ranking di lettura. Nel 2022 il 39,3% di persone di 6 anni e più hanno letto nell’ultimo anno almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali. Il valore si è ridotto rispetto a quanto rilevato nei due anni precedenti, quando i lettori erano rispettivamente il 41,4% (2020) e il 40,8% (2021). Ha letto almeno un libro circa il 46% delle persone residenti al Nord, il 27,9% dei residenti al Sud. La metà. Ma non è forse nelle nostre violente strade che da sempre udiamo dire che l’esperienza vale più di ogni libro, che la vita è la vera scuola? Una filosofia cialtrona ma che affascina ancor più oggi visto che il sapere del mondo sembra ottenibile senza sudori, a portata di click.
Enzo d’Errico, ricordandoci dell’interesse quasi nullo dei giovani verso la carta stampata perché loro non leggono ma guardano, afferma tuttavia che anche in rete si possono scrivere meravigliosi romanzi ed ottimi reportage purché si cominci a tutelare anche sul web il lavoro intellettuale. E questo ancor più quando entra in gioco la libera informazione, vero presidio democratico: ed è questo il vero punto nodale. Oggi lo scorrere delle pagine del libro è stato sostituito dallo scorrimento veloce delle dita sullo smartphone, da una immagine all’altra, in un consumo compulsivo, una bulimia di colori ed immagini che risucchia tutto quanto è nel caos del web ma, ahimè, senza discrimine.
Il problema dei problemi, lo si è visto col Covid, è che se il web è prezioso per un addetto ai lavori è disastroso per chi non ha bussole se non le proprie emozioni e le proprie convinzioni. Ed allora il cronista professionista vale quanto quello autoproclamatosi, il virologo vero quanto il personaggio dello spettacolo. E cala la capacità di votare ed esser cittadini. Ma il cammino del web è inarrestabile, quello del libro rallenta sempre più. In un certo senso stiamo tornando Greci: la grandezza della civiltà di Omero stava nel saper trovare il senso della vita arrestandosi all’increspatura, alla scorza delle cose senza mai cadere nella trappola della profondità, del significato nascosto. Lo scintillante Olimpo dell’apparenza sembra ora riaffiorare come un fiume carsico in piena civiltà dell’immagine. Torniamo a pensare la vita come superficie e non come profondità. Eppure il libro non ha perso la sua funzione. Un libro, se degno di questo nome, taglia la nostra vita in un prima ed un dopo. Noi siamo fatti degli incontri che facciamo ed i libri talvolta sono incontri anche più significativi delle persone, aprono al mondo, danno uno sguardo nuovo o addirittura insegnano a guardare.
Un libro, come afferma Recalcati, è un mare perché la sua natura è di aprire, è quella di sovvertire la tentazione del chiudere, del recinto. Il libro frantuma il muro perché ne è l’opposto. Un libro insegna a guardare con sguardo critico tutto, web compreso. Del resto i confini del mio linguaggio determinano i confini del mio mondo e non è un caso che i libri siano in odio a tutti i regimi autoritari. E poi il libro ci forma alla educazione sentimentale, arricchisce la nostra emozione e la cognizione emotiva. Generazioni su generazioni si sono formate emotivamente sui grandi russi, sui francesi, sui nostri grandi italiani, sulla poesia… poi questo è finito negli ultimi decenni: e ci chiediamo perché del deserto emotivo di molti giovani? E, perlomeno per noi al Sud, l’era digitale sta realmente diventando la primavera della nuova ignoranza e della freddezza.