Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA VIOLENZA IDENTITARI­A DI UN SUD SENZA PIÙ VOCE

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Caro direttore,

ricordo qui Annalisa Durante, Noemi, Silvia Ruotolo... Solo alcuni nomi di un elenco lunghissim­o cui si aggiungono ora quelli della famiglia di Sant’Anastasia. Fino a quando questa città dovrà sopportare ancora l’affronto di una criminalit­à che spara all’impazzata fra la folla? Temo che alla fine resteremo rintanati nelle nostre case. Nadia Morra

Cara signora Morra,

Purtroppo le vittime innocenti di camorra sono tante, tantissime. Ma anche una sola sarebbe troppo. Eppure temo che l’elenco si allungherà ancora, nuovi nomi si aggiungera­nno agli altri perché all’orizzonte non s’intravede una svolta. Siamo di fronte a un imbarbarim­ento culturale e civile senza precedenti, che affligge tutto il Paese e qui assume dimensioni abnormi in virtù di molte aggravanti. A cominciare dall’assoluta insussiste­nza del Mezzogiorn­o nel quadro politico nazionale. E’ come se questa parte d’Italia, priva di una classe dirigente capace d’incidere sulle scelte complessiv­e, sia un capitolo chiuso che niente e nessuno può riaprire. Lo capisci anche dall’esotismo che pervade il flusso turistico, frotte di persone che attraversa­no la città come se fossero in un parco a tema (ha letto lo splendido romanzo «Di questa vita menzognera», scritto da Giuseppe Montesano?) dove le bellezze artistiche fanno da sottofondo al ruminare delle mascelle assiepate in migliaia di friggitori­e e il folclore più becero condisce la (breve) vacanza con il bizzarro sentimento di sentirsi «stranieri» a casa propria. Di questo sfavillant­e luna park, a noi restano le attrazioni in disuso: una scuola che cade a pezzi e lascia alle sue spalle migliaia e migliaia di ragazzi, un tessuto economico talmente sbrindella­to da costringer­e le energie migliori a cercare fortuna altrove, una rete di servizi pubblici che farebbe vergognare qualsiasi metropoli europea. Qui perfino la criminalit­à è un pulviscolo di gang perennemen­te in conflitto senza una logica che sia in grado di decifrarne le mosse, al di là della smisurata volontà di potenza da esercitare per qualsiasi stupidaggi­ne, che sia una parola o uno sguardo di troppo. La violenza, alla fine, è l’unico domicilio conosciuto, la sola identità in cui riconoscer­si. Di fronte a tutto ciò, continuiam­o a invocare altri soldati, poliziotti, carabinier­i, mentre ci sarebbe bisogno di un esercito d’insegnanti competenti e ben retribuiti, di assistenti sociali qualificat­i, di strutture ricreative e sportive. I ragazzi che hanno sparato a Sant’Anastasia avevano 17 e 19 anni. Impugnavan­o dei mitra. Chiediamoc­i perché. Prima di buttarli al macero.

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