Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Piatti ok, servizio distratto
FORNELLI 2.0 Dall’Ostricaio ottime le cozze e l’occhiata alla brace. Pane e vino arrivano in ritardo
Riflettevo con i colleghi che mi hanno accompagnato nella visita a questo ristorante. Via Bausan è un luogo antico di Napoli, dove il tempo è rimasto magicamente sospeso. Poco prima delle scale che portano a via Vittoria Colonna, sulla destra, c’è l’«Ostricaio», ristorante (e ci mancherebbe considerato il nome) prevalentemente di pesce che offre qualche opportuna via di fuga a chi non ama particolarmente i prodotti ittici e che magari è stato trascinato in questo posto dalla decisione dei commensali. Ribadisco quel che ho scritto ormai sette anni fa: la materia prima utilizzata è di buon livello, in qualche caso eccellente. La manipolazione è sostanzialmente corretta. Stavolta però ci ha deluso il servizio: non scortese, ma svogliato e distratto. Eppure il locale, tra tavoli interni ed esterni, era pieno neanche per metà. Non è accettabile che il pane, peraltro molto buono, arrivi a tavola, e solo dopo la seconda esplicita richiesta, quando i piatti vuoti degli antipasti sono già rientrati in cucina. Lo stesso dicasi per il vino. Pur costretti a rimandare il brindisi alcolico, abbiamo comunque apprezzato le cozze alla brace (nella foto): fin da ora la stagione dei mitili si annuncia eccezionale. Buoni pure gli arancini di mare, anche se il mare, rappresentato prevalentemente da tocchetti di calamaro (o totano), resta sostanzialmente sullo sfondo. Arriva in tavola anche un altro antipasto: tartare e carpaccio. Il carpaccio c’è, ed è, se non mi inganno, di orata o spigola. La tartare in realtà è invece rapDopo presentata da gamberetti rosa soltanto privati del carapace. Va bene, non spacchiamo il capello in quattro. C’è da assaggiare il primo: spaghettoni con i totani, in verità corretti ma un po’ anonimi. Ma ci rifacciamo subito grazie a un’ottima occhiata, scelta senza indugi dal vassoio del pesce di giornata, nel quale era in bella mostra anche un denticiotto imperiale. La sapiente cottura alla brace ha lasciato la carne umida. Per contorno patate lesse, per gentile concessione della cucina. Capitolo dolci. Proviamo sia la caprese bianca al limone che la crostata con crema Chantilly: entrambe sono senza infamia e senza lode, troppo simili nella concentrazione zuccherina per concedere un surplus di emozioni. Ma siamo delle media della ristorazione cittadina. La cantina è stata ampliata, il nucleo portante è sempre campano, con qualche puntata fuori regione. Prezzi corretti.