Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Picoli, respinto di fatto e poi anche di nome
MOSTO SACRO
Com’è vero che un pomodoro maturo è di colore rosso, questo vino che ho nel calice è un Greco di Tufo. Le caratteristiche percepite dai sensi (pur sempre fallibili) non dovrebbero in ogni caso lasciare spazio a dubbi: colore, profumi, acidità parlano chiaro. Eppure, come ho appena ricordato, i sensi si rivelano talvolta inaffidabili. Misteri della fisiologia. Ecco, mettiamola così: i degustatori della commissione deputata alla valutazione di questo Picoli 2020 di Bambinuto, probabilmente avranno avuto i sensi alterati da qualche fattore esterno, o affaticati dalla mole di lavoro. C’è da capirli. Sta di fatto la fascetta verde, che avrebbe attestato la conformità del prodotto alle caratteristiche (tratteggiate peraltro per sommi capi, ma proprio sommi) del Greco di Tufo docg non è stata concessa. Il vino è stato bocciato, respinto. E allora, con encomiabile senso dell’umorismo, sull’etichetta del Picoli 2020, proposto per forza di cose sotto l’ampio e bucherellato ombrello dell’indicazione geografica Campania, il produttore ha aggiunto la menzione della censura ricevuta. «Respinto», di fatto e ora anche di nome. Un elegante sberleffo ai responsabili dell’iniquo verdetto. Immagino che siate in attesa di sapere in realtà il vino com’è. Serviti: è di colore dorato, molto carico ed esprime dunque tutte le potenzialità cromatiche della varietà. Molto consistente, propone al naso un bell’impasto aromatico composto da frutta bianca e, soprattutto, gialla matura, da erbe mediterranee, venature minerali e sulfuree. In bocca ha un impatto potente, il sorso è fresco e leggermente sapido. In chiusura s’avverte un accennato, piacevole retrogusto di mandorla amara. Un Greco di Tufo (al di là dell’imposto declassamento) in piena regola, energico e potente. Da bere sulle cozze gratinate, i latticini freschi e mediamente stagionati, sulle carni bianche.