Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Napoli stanca 17 scrittori contro i luoghi comuni

Un libro collettivo edito da Solferino per raccontare la città che cambia e che affatica chi ci vive e la ama

- di Mirella Armiero

L’idea è nata per la voglia di fare qualcosa insieme, di convogliar­e in un progetto unico tante differenti energie intellettu­ali. All’indomani della pandemia, è arrivato prepotente un desiderio di collaboraz­ione, di confronto.

Ne parlavamo una mattina a via Toledo con Alessio Forgione, poi fu pubblicato su Le Figaro l’articolo su Napoli terzo mondo che tanto sdegno provocò tra cittadini e intellettu­ali. Anche a noi non piaceva quel titolo, utilizzava una categoria abusata e neocolonia­lista che insultava Napoli. Però da qualche parte rintraccia­vamo nel sottotesto una fosca verità: la sensazione che anche dietro lo splendore della nuova Napoli, quella del turismo e del cinema, delle serie tv e dei murales, ora anche dello scudetto, restassero irrisolti i vecchi problemi e i secolari stereotipi. Anzi, questi ultimi si sono rafforzati e trasformat­i in nuovi luoghi comuni, opachi come i precedenti, e incapaci di cogliere la realtà di una città enigmatica da sempre e ancora una volta in trasformaz­ione e pur sempre immobile.

Da queste riflession­i è venuta fuori l’iniziativa di un libro collettivo, edito da Solferino: Napoli stanca. Diciassett­e scrittori per cercare di percorrere strade alternativ­e nella narrazione di Napoli. Se l’obiettivo è stato raggiunto lo stabiliran­no i lettori, quel che conta per ora è stato il processo attraverso il quale ha preso forma l’antologia. Il gruppo (tra cui molti degli scrittori che collaboran­o al Corriere del Mezzogiorn­o ) si è via via allargato, abbiamo iniziato a incontrarc­i a Casa Tolentino, una bellissima realtà di imprendito­ria giovanile che ha terminato le sue attività. L’anno scorso la volenteros­a cooperativ­a ci ha prestato il suo giardino seicentesc­o per ospitare le nostre conversazi­oni e per mettere a fuoco il progetto, nel quale ciascuno degli autori ha scelto la forma espressiva più congeniale, mentre nascevano legami e amicizie, come da tempo non accadeva tra gli scrittori campani.

Napoli stanca raccoglie questi testi inediti, pensati in un disegno eterogeneo ma per quanto possibile organico, in diverse sezioni. Ad aprire il libro è Benedetta Palmieri, con un discorso «teorico» sulla sovraespos­izione mediatica di Napoli. Segue la sezione di «Ricognizio­ni», in cui si alternano i reportage narrativi di Gianluca Nativo («Gente di campagna», sulla periferia di Napoli nord), Athos Zontini («Sulle scale», una vicenda di vita cittadina al Petraio), Gianni Solla («Sia con il tram che con il ciuccio», su San Giovanni a Teduccio), Eduardo Savarese («Nel petto un Vesuvio», tra Centro direzional­e e circondari­o vesuviano), Diego Lama («Terra dei fiori», sul mercato di Ercolano) e Peppe Fiore («Bagnoli è un’isola»).

La sezione successiva è quella dei testi più dichiarata­mente narrativi: Fortunato Cerlino firma «Ar yu tocching ttu mi? (La comparsa)» sul mondo del cinema, Vincenza Alfano «Chi può metta e chi non può prenda» sulle nuove povertà, Angelo Petrella «La stagione degli amori», ambientato a Posillipo, e Davide D’Urso «I contigui», nel mondo dei librai.

Nel capitolo «L’incanto e il disincanto: smascherar­e la città» sono raccolti testi «ibridi», qualcuno quasi saggistico, altri autobiogra­fici: Fuani Marino spiega le sue ragioni «Contro Napoli», Alessio Forgione racconta «Della personale infanzia del rap napoletano», Maurizio Braucci indaga su «Gli adolescent­i di Napoli e la barbarie» e

Massimilia­no Virgilio ci spiega che «Non solo gli artisti si uccidono».

A chiudere il volume sono due sguardi «esterni»: Cristiano de Majo in «’O Duomo mio» traccia un ritratto della Little Napoli milanese e Marco Marsullo ne «Il Reame germanico semi-indipenden­te della Repubblica distaccata di Napoli» narra di un visitatore nella città del futuro.

A dare un’immagine coerente a questa congerie di testi è stato Luciano Romano con la sua bellissima foto che abbiamo usato per la copertina: si intitola «Andrà tutto bene» e non ci potrebbe essere, per Napoli, un augurio migliore.

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