Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Pa’», Lo Cascio voce nitida di una catarsi poetica
Dall’oscurità del fondosala una piccola figura che indossa una palandrana nera si fa avanti raggiungendo le scale che portano al palco. Sembra un fantasma pirandelliano, ma si trasformerà subito dopo in una delle voci più lucide del secondo ‘900, che ancora oggi condanna tutti a una dimensione fantasmatica, di chi sa o non ha voluto sapere, rifugiandosi nella facile scorciatoia dell’oblio. Intorno a questa parabola si sviluppa «Pa’», lo spettacolo nato per il centenario della nascita di Pasolini, e ora in scena al Mercadante fino a domenica. Un’idea partorita fra l’attore Luigi Lo Cascio (foto Pea), che dà voce nitida e corpo minuto al profetico poeta di Casarsa, e il regista Marco Tullio Giordana, che centra perfettamente il contrasto fra la lingua plastica e visionaria dei suoi versi (da «La nuova gioventù», «Una disperata vitalità» e altre raccolte), e il nitore di una scena segnata solo da una scrivania, un prato obliquo, un’istallazione di vecchi e inutili oggetti di consumo, calati dall’alto. E in mezzo la sua vita, l’amata madre, il fratello partigiano vittima dei Gap, il pallone, l’omosessualità. Passando dai giovanili anni in Friuli all’interrogatorio per atti osceni, dalla luce di Roma alle controverse scelte politiche e infine la morte, più volte evocata come catarsi. Tema che si fa metafora di ideali smarriti e facili rese, al centro di un’ellisse poetico, e mai ruvidamente narrativo, che lega l’iniziale lettera sulla Crocefissione («Nelle mie fantasie affiorava espressamente il desiderio di imitare Gesù nel suo sacrificio (…) di essere condannato e ucciso benché affatto innocente»), fino all’inquietante previsione di «Memorie»: «Sono come un gatto bruciato vivo, pestato dal copertone di un autotreno, impiccato da ragazzi a un fico».