Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Geolier ospite all’università Gratteri: «Sono senza parole» Lorito: «L’iniziativa è utile» Il procuratore polemico dopo l’invito dell’ateneo al rapper. Martedì in facoltà
Il rettore L’incontro servirà a gettare un ponte tra le due Napoli, a mostrare che c’è alternativa
a una delle mission dell’università: quella di aprirsi al territorio e di sforzarsi di comprendere meglio anche le realtà più complesse, le periferie, l’emarginazione, la lontananza dalla città borghese. Un percorso «in coerenza» con l’apertura della facoltà di Scienze infermieristiche a Scampia, insomma la volontà di non restare chiusi nella torre eburnea della cultura accademica, ma di indagare il territorio, la complessa socialità di una realtà come Napoli anche nelle sue sfaccettature che sembrano più lontane dal tempio dei saperi.
I giovani studenti del laboratorio radiofonico d’Ateneo, F2 Radio Lab, sono già in febbrile attesa di poter intervistare il cantante che spopola sui social e tra i giovanissimi di mezzo mondo. «Sarà una conversazione in cui il rapper partenopeo, che ha avuto ampi consensi di critica e di pubblico nel corso dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, racconterà se stesso e le tappe della sua carriera, fino ad arrivare alla popolarità di oggi, rispondendo alle domande degli studenti federiciani che gli saranno rivolte da Pier Luigi Razzano».
Intanto, con buona pace delle parole di Gratteri, c’è un dato che conferma (se ce ne fosse ancora bisogno) la popolarità di cui gode il rapper Geolier, alias Emanuele Palumbo da Secondigliano: infatti nel giro di appena un minuto sono terminati i 500 inviti messi a disposizione dall’Ateneo federiciano per l’evento che si terrà martedì 26 marzo alle 16, nell’aula magna della sede di Scampia.
Geolier continua a dividere molti ambienti istituzionali della città. Se Gratteri ne stigmatizza l’invito in Ateneo, c’è l’opinione opposta di un altro accademico, Gaetano Manfredi, che in qualità di sindaco di Napoli, un mese fa lo premiò con una medaglia durante una solenne cerimonia al Maschio Angioino, dopo il secondo posto ottenuto dal cantante al Festival di Sanremo. «A Emanuele Palumbo-Geolier - recitava la dedica del primo cittadino - in segno di gratitudine e ammirazione per il prestigioso traguardo conseguito, per aver rappresentato la città e la sua cultura musicale nella gara canora più prestigiosa del Paese, il festival di Sanremo».
E Geolier, da consumato e scaltro enfant prodige del palcoscenico, aveva abilmente commentato: «Il risultato conta poco, sono stato grato per il supporto della mia città che non era scontato». Quasi a voler dire che il baffuto artista cresciuto all’ombra delle Vele sa benissimo che una parte di Napoli storce il naso di fronte alle sue esibizioni, al look, ai simboli ostentati di appartenenza a un mondo di ragazzi cresciuti troppo ai margini e troppo presto. C’è una Napoli che storce il naso almeno quanto il napoletano storpiato dei testi delle sue canzoni, probabilmente non rendendosi conto di quanto il dialetto sia cambiato e le sigle sincopate appartengano completamente, ormai da anni, al linguaggio dell’universo giovanile. «J p’ me tu p’ te» può rappresentare il «non manifesto» di uno slang che non pretende di entrare nel salotto buono della città, ma che per il momento si appresta a fare il suo trionfale ingresso nel simbolo più importante e autorevole della cultura federiciana: «Ad scientiarum haustum et seminarium doctrinarum», ovvero «alla fonte delle scienze e nel vivaio di saperi».
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