Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Pio e Giogiò Figli (uguali) di due città

- Di Vincenzo Esposito

Francesco Pio e Giogiò, fratelli nella morte ma figli di due città diverse. Quella bassa, della periferia, il primo. Di quella alta, mediatica e intellettu­ale, il secondo. Sono morti entrambi giovanissi­mi per mano di killer ancora più giovani, sangue assurdo su un disagio generazion­ale a cui nessuno riesce a dare una risposta, per incapacità o volontà. I nostri ragazzi sono questo: o sognano di fuggire via oppure diventano preda di una mentalità e di una sottocultu­ra che li spinge ad uscire di casa con una pistola nei pantaloni pronti ad usarla al primo banale diverbio. Una scarpa bianca sporcata per Francesco Pio, il parcheggio di un motorino per Giogiò. I delitti sono tutti uguali nella loro atrocità, e quelli di Francesco Pio e di Giogiò ancora di più. Eppure nella rincorsa alla giustizia c’è una differenza: l’assassino di Giogiò è stato condannato a 20 anni, quello di Francesco Pio è ancora sotto processo. L’Italia intera conosce il nome di Giogiò e sa che suonava il corno ed è giusto che la sua assurda morte sia stata raccontata a Sanremo e abbia fatto indignare l’Italia intera. Non è stato così per Francesco Pio i cui genitori hanno più volte denunciato: «Nostro figlio è stato dimenticat­o». Neanche una targa sul luogo dell’omicidio, l’hanno messa loro attaccando­la a un palo di legno sugli scogli davanti allo chalet dove è stato ucciso a 18 anni. Ora il Comune è corso ai ripari e ha deciso di intitolare a entrambi i ragazzi uccisi due centri culturali e giovanili. Noi speriamo sia solo l’inizio e che Francesco Pio e Giogiò siano per sempre il simbolo (insieme) di una città che deve cambiare e saper dare una speranza ai suoi ragazzi per non farli più rischiare la vita andando sempliceme­nte a bere un drink, e per non farli più uscire con una pistola nei pantaloni.

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