Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Federico Fellini, disegni e bozzetti erotici (e onirici)
Prima della regia, prima ancora della sceneggiatura c’erano i bozzetti, i disegni. Anzi, gli scarabocchi. Una mania antica che Federico Fellini si portava appresso da sempre. Idee, tracce da passare ai collaboratori, allo scenografo, al costumista, al truccatore soprattutto. Era un modo, diceva lui stesso, di cominciare a vedere il film in faccia, «per cominciare ad abitare in maniera fisica con i personaggi, cominciare a mettermeli intorno». Perché finché il film non comincia «è soltanto un’immaginazione, una serie di immagini, di volti, di situazioni, di colori che abitano nella sfera dell’immaginativo». Insomma, qualcosa di estremamente fluttuante, eterico, impalpabile, imprendibile. Così, «un modo per cominciare a vederlo materializzato è un pochino questo qui di usare i pennarelli, i colori».
Parole che illuminano a pennello (è il caso di dire) i 29 lavori su carta raccolti nella mostra «Federico Fellini, disegni erotici-fotografie dal set», (vernissage, domani dalle 17.30) al Blu di Prussia. Realizzati a matita, a penna o a pennarello, i disegni, che provengono dalla collezione di Daniela Barbiani, autrice, nipote di Fellini e per alcuni anni sua assistente, sono esposti per la prima volta a Napoli e accompagnati da sei scatti cinematografici dal set «La città delle donne» dall’archivio della fotografa Patrizia Mannajuolo.
Sono disegni erotici con una serie di personaggi colti in onirico dialogo con il proprio alter-ego sessuale. Personaggi che mettono a nudo le parti più intime in una girandola di doppi sensi, allusioni e metafore. Sono spesso omini minuscoli, annichiliti da donne formosissime. Altre volte genitali, esagerati, anatomie femminili ipersessuate, ossessive e sproporzionate che finiscono per sovrastare gli stessi personaggi. Una sorta di «paccottiglia grafica, dilagante, inesausta - scrive Fellini nel Dizionario intimo per parole e immagini, a cura della stessa Barbiani - che farebbe il godimento di uno psichiatra, ma che forse è una specie di traccia, un filo, alla fine del quale mi trovo con le luci accese, nel teatro di posa, il primo giorno di lavorazione».
Poi ci sono le fotografie. I sei ritratti inediti che Patrizia Mannajuolo (fotografa e collaboratrice di registi, attori e produttori come Roberto Rossellini e il figlio Renzo, Liliana Cavani, Alberto Sordi, Monica Vitti e Augusto Caminito) ha scattato durante la lavorazione del film «La città delle donne». In linea con lo stile onirico, col taglio satirico, cinque scatti in bianco e nero e uno a colori che ben rende, per la sua pittoricità, l’atmosfera del film e che racchiude tutta l’emozione di un incontro fondamentale, determinante. La testimonianza vivida di una stagione visionaria di sogni, passioni e inquietudini che ritorna anche nei disegni. Il ritratto di un regista geniale, un uomo capace di grande empatia, intransigente e tenero al tempo stesso.