Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA FORZA E LA NOVITÀ DELLA PRIMAVERA STABIESE
Sembrava incredibile quando è avvenuto ed invece son passati oltre due anni dal commissariamento per infiltrazioni camorristiche del Comune di Castellammare. Ci si abitua a tutto, anche alla vergogna che continua dal febbraio 2022.
Si pensava Castellammare fosse altra cosa: l’ex Piccola Città è stata per anni simbolo del pensiero dalla schiena dritta. Ma gli anni son passati anche per Castellammare operaia e studentesca, per Castellammare delle lotte, la Castellammare che non dimenticava di aver fischiato il Duce. Potere e denaro corrompono gli dei del mito, figurarsi gli uomini. Con un inizio lento ma con progressione prima geometrica poi esponenziale i rappresentanti dei lavoratori nelle stanze del potere sono stati sostituiti da uomini vestiti di scuro con cravatte di cattivo gusto e che al bene pubblico hanno guardato solo con la rapacità di chi vi vedeva occasione per l’arricchimento personale. I fiumi di denaro del post-sisma hanno segnato lo spartiacque grazie ad una caduta progressiva della tensione morale. I comandanti di perversi e sanguinari eserciti collinari o periferici hanno intuito che nel mare di soldi pubblici e dei correlati appalti c’era di che arricchirsi ben più che in altre attività. E, qui come altrove, hanno trovato un mare di prestanome e soprattutto di quegli uomini in scuro pronti a prostituirsi con il diavolo… tanto sono affari, baby, null’altro. E se ci parlavi anzi se ci parli tuttora ci si sentono davvero null’altro che uomini in linea con i tempi e forse hanno addirittura ragione se pensiamo ai tempi da brividi che viviamo.
Zona grigia la chiamano ed ha invaso tutto, tutto quello ove si muova un euro in più. Immonda commistione che però fa paura e ti fa guardare altrove ed accettare tutto. De profundis clamavi poi non chiami neanche più e vivi di slalom sperando di non urtar mai quegli spigoli. Alla vergogna del commissariamento ci si è abituati subito perché sapevamo di meritarcelo, infine.
Poi però dagli atri muscosi e dai fori cadenti un volgo disperso ha improvvisamente sentito una musica nuova per le strade ed ha alzato lo sguardo. Nei mesi tra febbraio ed aprile del corrente anno un ristretto gruppo di rappresentanti della società civile ha detto no a questo stato di cose, alcuni stabiesi di altissimo livello che vivono fuori, quasi il meglio abbia prodotto Castellammare, poi professionisti, impiegati, operai, artigiani, tre ex presidenti di tribunale, docenti universitari di livello nazionale. Appello dei 100 l’hanno chiamato. Chiedevano una candidatura di svolta e di altro profilo, individuandola in un giornalista di nome come Luigi Vicinanza e proponendola al centrosinistra. Chi vedeva messo in forse il sistema di sempre ha detto che erano quattro gatti destinati ad evaporare. Ma come corsi d’acqua dalla montagna quei 100 si sono uniti ad altri, scrosciando rumorosamente a valle, la portata sempre più forte ed hanno dato segno di che forza può avere una investitura popolare. Le donne Pd ed altri pochi giovani di liste popolari hanno dato forza a ciò che inizialmente stentava a nascere ed hanno mantenuta la fiamma accesa. Ma poi la veemenza, l’entusiasmo e la passione del popolo di Vicinanza, ormai ben più che 100, ha fatto sì che chi conta davvero prendesse atto di questo fenomeno straordinario e nuovissimo. La Primavera Stabiese è stata condotta da gente senza eserciti e capibastone, da gente mite ma stanca, da un popolo che ha visto di nuovo possibile sperare. E speranza è la commovente parola chiave di questa singolarissima Primavera. Ora a centrosinistra liste, gruppi e soprattutto i partiti costituiti hanno preso atto della cosa, primo tra tutti il Pd a cui va dato atto di aver lavorato moltissimo alla costituzione di una grande coalizione di centro-sinistra. Che ora, miracolosamente, c’è. Come andrà questa avventura ce lo diranno i prossimi mesi, ci auguriamo gli anni. Ma intanto il risveglio di Primavera mostra che non vi era solo cenere ma la fiamma era ancor lì e che non occorrono i filosofi di Heidelberg per capire che il volgo disperso non chiedeva che di alzare lo sguardo!
poli, del 1959 e ancor oggi un caposaldo per gli studi dedicati a quella stagione); da un corso universitario («Caratteri dell’architettura moderna»), e da una rivista, «Op. Cit. Selezione della critica d’arte contemporanea», lanciata nel gennaio 1965 e ancora oggi attiva, alla quale collaboreranno – quasi come un rito di iniziazione - nei decenni tutti gli storici napoletani impegnati a vario titolo sui temi dell’architettura del XX secolo. Per ognuna delle generazioni di studiosi che si succederanno in mezzo secolo, l’azione di stimolo esercitata dalla rivista ad avviare, praticare e approfondire gli studi sul Novecento in un serrato quanto fecondo dialogo con la critica d’arte, è stata innegabile. Al 1965 risalgono inoltre sia il primo scritto in assoluto pubblicato a Napoli specificamente dedicato a un maestro del Movimento Moderno, Le Corbusier e noi, che una delle sue più importanti opere in assoluto: L’idea di architettura, storia della critica da Viollet-le-Duc a Persico: un lavoro notevole che dimostra quanto sia stata precoce e forte l’attitudine a considerare nel mestiere di storico tanto il lavoro storiografico «puro» condotto sulle fonti che l’esercizio della storia della critica e della storiografia.
Dopo il grande interesse suscitato anche all’estero da Architettura come mass medium e da altri suoi studi di semiologia applicata all’architettura, De Fusco – che intanto aveva iniziato a spingere molto anche sul pedale della teoria della storiografia – è all’inizio degli anni Settanta ormai uno storico affermato a livello non solo nazionale. È al 1974 che risale la prima edizione per la Laterza della sua fortunata Storia dell’architettura contemporanea, manuale che va a pieno titolo a inserirsi nel novero delle grandi narrazioni canoniche del Moderno, sulla scia delle «storie» dello Zevi e del Benevolo. Non c’è stato ambito della ricerca storica che non sia stato posto sotto la sua lente di storico: dalle grandi opere di sintesi alla storia della teoria architettonica, dalla storia dell’arredamento a quella delle avanguardie artistiche, dalla storia della critica alla teoria della storiografia, mentre per quel che riguarda il design, De Fusco è stato il primo in assoluto a misurarsi con il progetto di una storia di lungo periodo.
Profondamente innamora
cecità, di uomini e donne incapaci di osservare la vita e il mondo che li circonda. Una condizione sociale e culturale in cui ogni personaggio della commedia è incapace di affrontare il percorso che la vita gli ha messo di fronte e agisce fingendo di non vedere». ( .)