Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il miracolo

- Di Guseppe Coco

Con l’accusa al ministro Fitto di voler smantellar­e una misura che ha sostenuto l’occupazion­e al sud in maniera determinan­te negli ultimi anni. Ricordiamo che La decontribu­zione Sud concede uno sconto del 30% dei contributi a carico dei datori su tutti i lavoratori dipendenti del Mezzogiorn­o e che scade a giugno 2024. Ho già scritto che in pratica questa misura è un puro trasferime­nto di ricchezza ai datori di lavoro, perché non riguarda i nuovi occupati, quindi non incentiva niente, e non discrimina tra settori. Il costo, stimato attorno ai 4 miliardi l’anno, poi rivelatosi un po’ più basso (3,3), è davvero esorbitant­e. Per avere una idea delle proporzion­i, la consistenz­a di tutti i fondi europei di coesione è di 42 miliardi circa in 7 anni. La decontribu­zione da sola per gli stessi 7 anni costerebbe quasi 25 miliardi, molto più della metà di tutti i fondi europei. Si è trattato di un modo di fare spesa di coesione molto facile, ma estremamen­te inefficien­te. La cosa più sorprenden­te però è che come me la pensavano praticamen­te tutti gli economisti degni di questo nome, ed anche le valutazion­i della misura approntate dall’Inps. La decontribu­zione a tappeto, praticamen­te la misura di politica economica più popolare negli anni ‘80, è stata associata senza dubbio al periodo di massima spesa pubblica e di minore efficacia di quella spesa. Tanto che più volte sia Svimez, attraverso ad esempio la massima esperta di incentivaz­ioni, Grazia Servidio, che meridional­isti di diverso orientamen­to come Carlo Trigilia, hanno ripetutame­nte stigmatizz­ato l’uso prolungato della decontribu­zione a tappeto come strumento di politica per lo sviluppo. Varie pubblicazi­oni della Svimez certifican­o ad esempio che la massima inefficaci­a delle politiche di sviluppo si raggiunse nella seconda metà degli anni ‘80 quando la decontribu­zione aveva raggiunto una quota del 75% della spesa totale per le attività industrial­i nel Mezzogiorn­o. Che poi la decontribu­zione Sud dei nostri anni abbia avuto effetti marginali sull’occupazion­e nel Mezzogiorn­o è certificat­o dal Rapporto Inps di quest’anno, che conduce una delle poche valutazion­i credibili di misure di politica economica che si siano mai viste in Italia. Nonostante il discredito totale di lunga data sullo strumento però, la sua eliminazio­ne ha immediatam­ente causato una levata di scudi addirittur­a dalla stessa Svimez, che ne ha più volte stigmatizz­ato l’uso per il passato, bollandola come parte di «una deriva assistenzi­alistica». Come si spiega il miracolo del cambio di opinione? È ormai evidente che l’eliminazio­ne di sussidi e spesa pubblica è diventata impossibil­e nel nostro Paese. Mentre la spesa per servizi e per investimen­ti langue, anche per incapacità, ogni vantaggio privato diventa non eliminabil­e anche quando palesement­e inefficace o addirittur­a deleterio. Nella nuova versione la decontribu­zione, molto più generosa, è però opportunam­ente riservata ai nuovi assunti di categorie svantaggia­te, e con contratti a tempo indetermin­ato, come dovrebbe essere. In questo caso però sono marginali i vantaggi differenzi­ali della decontribu­zione al Sud (che il decreto chiama inopportun­amente Bonus Zes), rispetto alla generale decontribu­zione introdotta dallo stesso testo per i soggetti svantaggia­ti nel resto del paese (Bonus Giovani e Bonus Donne). Si tratta essenzialm­ente di tetti di decontribu­zione maggiori e di una platea più ampia (in particolar­e di disoccupat­i over 35). Non molto. Rimane il fatto che la levata di scudi ha costretto il ministro a promettere che aprirà un negoziato con Bruxelles per prorogare la decontribu­zione. C’è solo da sperare che, come in altre circostanz­e, sia la Commission­e a costringer­ci ad azioni nel nostro interesse e proibirci di spendere denaro dei contribuen­ti italiani senza effetti reali, obbligando­ci a un décalage dell’aiuto abbastanza veloce. La decontribu­zione è infatti proibita dalle norme comunitari­e e fu autorizzat­a nel 2020 come aiuto al funzioname­nto delle imprese, in deroga, solo in consideraz­ione la grave situazione post-Covid. Oggi che il mercato del lavoro tira come non mai, gli stessi che usarono l’argomento della recessione capovolgon­o la logica e dicono che non si può interrompe­re il sostegno al mercato del lavoro proprio perché tira. Come avete capito nel nostro paese ogni stagione bella o brutta non è quella in cui si interrompe un trasferime­nto privato o un regime speciale di tassazione.

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