Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’INTERVISTA
Dicembre 1951, Palazzo Filomarino, Napoli. Una tavola imbandita, con numerosi commensali. Arriva un monumentale sartù di riso portato dalla cameriera, tra l’approvazione generale. Benedetto Croce sta cenando con la sua famiglia, le figlie, i nipotini (i futuri studiosi Piero e Benedetta Craveri), l’amico Gino Doria. La scena, girata ieri, si vedrà nel nuovo film di Pupi Avati, dedicato al pensatore napoletano.
Il filosofo non lo sa, ma è l’ultimo Natale della sua vita. Forse lo sente, forse «lo legge nello sguardo degli altri», di chi «ti vede anziano». «È lo stesso sguardo che ormai avverto su di me», spiega il regista emiliano, che sta girando il biopic prodotto dalla Rai con Minerva Production. Le riprese sono in corso nel palazzo del Decumano inferiore, sede dell’Istituto italiano per gli studi storici. Qui Croce viveva e lavorava, la sua scrivania è ancora così come l’ha lasciata. In questi giorni studiosi e bibliotecari si fanno da parte per fare posto al subbuglio della troupe. Nei panni di Benedetto Croce c’è Paolo Spezzaferri, attore teatrale ma anche televisivo e cinematografico.
Avati, come mai questa scelta di raccontare Croce sullo schermo?
«È un personaggio che suscita rispetto e deferenza. Fare un docufilm su di lui è un’esperienza che nessuno si è azzardato a fare finora».
In «Qui rido io» di Mario Martone appare Lino Musella proprio nei panni di Croce.
«Sì, ed è molto bravo. Ma il film non è su di lui, è su Scarpetta. È un lavoro difficile, io stesso ho avuto titubanze. Ma nel momento in cui il lavoro mi è stato proposto dal produttore ho cercato di trovare un aggancio che potesse darmi una chiave per raccontarlo».
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Un po’ come il lavoro su Dante?
«Sì, quello è stato un esperimento assai riuscito. Il film ha girato in tutto il mondo e gli stessi dantisti hanno riconosciuto il mio pudore, il senso della misura, la consapevolezza dei miei limiti nel raccontare una figura così gigantesca. Anche in questo caso avverto molto questi stessi sentimenti. Chiaramente ero assistito da esperti per Dante e lo sono anche ora per Croce, in particolare dalla professoressa Benedetta Craveri, nipote del filosofo».