Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Secondigliano, si uccide nel garage dove morirono il figlio e la fidanzata
Alfredo Nocerino non ha retto al dolore. Ha inalato gli scarichi di monossido della stessa auto
«Non voglio più vivere, non ce la faccio senza Enzo». È una frase che Alfredo Nocerino ha ripetuto spesso negli ultimi due mesi, da quando, lo scorso 15 marzo, era stato proprio lui a ritrovare senza vita il corpo del figlio, Vincenzo Nocerino, 24 anni e quello della fidanzata Vida Shahvalad, 20enne di origine iraniana. Nel pomeriggio di ieri anche il corpo del 60enne è stato trovato senza vita nello stesso box auto, nella stessa Panda rossa, in cui era morto il figlio. Se tuttavia, quello che causò la morte di Vincenzo e Vida fu un tragico incidente, il gesto dell’uomo pare sia stato intenzionale. Sul posto, nel pomeriggio di ieri, si è radunata una folla di persone addolorate, le stesse che avevano abbracciato il l’uomo distrutto dal dolore dopo il ritrovamento dei corpi dei ragazzi. Le stesse che avevano affollato la chiesa di Santa Maria della Natività in occasione dei funerali di qualche giorno dopo.
Alfredo Nocerino era stato visto per l’ultima volta ieri mattina, poi nel pomeriggio sono scattate le ricerche. Il telefono squillava ripetutamente senza risposta. Si è appreso che l’uomo si sarebbe introdotto nel garage sul quale erano ancora apposti i sigilli dell’autorità giudiziaria, sarebbe quindi entrato nell’auto accendendo il motore e lasciando che il monossido di carbonio facesse il resto. Una morte che ha lasciato senza parole un intero quartiere. Per ore c’è stata una vera e propria processione di persone davanti all’autorimessa protetta dalle forze dell’ordine.
«Me lo aspettavo - sussurra una parente con gli occhi pieni di lacrime -Diceva che l’unico suo pensiero era quello di morire. Ma era un pensiero lucido».
Alfredo Nocerino non si era più ripreso dalla scomparsa dell’unico figlio, sua unica ragione di vita, cresciuto «con le mollichelle», ha raccontato una donna che conosceva la famiglia, per far intendere quanto amore avesse riversato l’uomo nei confronti di suo figlio in questi anni.
Dopo aver perso la madre, Vincenzo è stato cresciuto solo dal padre. E Alfredo, pochi anni fa, aveva lasciare il suo lavoro di agente di commercio con l’estero per reinvestire i suoi risparmi nel locale «Pizzeria & Trattoria Partenopea» di Fuorigrotta. Per dare al figlio un futuro. Un rapporto viscerale, vero, come raccontano le tante persone che conoscevano Enzo, Alfredo e il loro percorso difficile. E lui, Enzo, come lo chiamavano tutti, ricambiava questo amore studiando e lavorando come webdesigner e poi la sera con il padre nel locale. Legatissimi come testimonia un post che Enzo dedicò al genitore tempo fa: «A te che sei la persona a cui tengo di più, a te che hai cercato di preservarmi dalla strada, a te che non mi hai mai fatto mancare nulla, a te che mi hai insegnato ad amare il prossimo. Non mi vergogno di dirlo, tu sei il mio uomo, ti amo Papà».
Enzo iniziò a frequentare Vida e Alfredo la accolse come una figlia. Fino a quel maledetto 15 marzo, quando la sua esistenza è sprofondata in un baratro. I funerali di Enzo si tennero circa una settimana dopo, perché sui corpi dei due ragazzi era stata disposta l’autopsia. Alfredo entrò in chiesa a fatica, sostenuto da amici e familiari. Percorse i metri della navata lentamente, fino a raggiungere la bara del figlio, si piegò in avanti e la baciò con tenerezza, poi si spostò su una delle panche in prima fila. A qualcuno che gli si avvicinò per porgergli le condoglianze disse poche parole, ma significative: «Il mio unico scopo adesso è riabbracciarlo».