Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Trasferite le 140 recluse Ora per le «Lazzarelle» il futuro diventa incerto Il carcere puteolano al centro di molti progetti di recupero
POZZUOLI Escono una dopo l’altra con gli occhi gonfi e arrossati da una nottata passata in bianco. La spallata di magnitudo 4.4, vissuta dietro le sbarre si è trasformata in una notte da incubo. Le 140 detenute del carcere femminile di Pozzuoli vengono accompagnate velocemente ai grandi pullman blu della polizia penitenziaria che le trasferiranno in altre prigioni. Secondigliano, Salerno e Benevento. Ma per 60 di loro ci sarà la necessità di un trasferimento fuori regione, misura particolarmente dolorosa soprattutto per le visite dei parenti.
«Non abbiamo scelta» spiega Lucia Castellano, provveditrice degli istituti penitenziari campani. «Quando si esauriscono i posti nei nostri penitenziari dobbiamo per forza chiedere aiuto fuori regione, la Corte europea dei diritti umani ci impone regole da rispettare». In sostanza la Corte ha condannato l’Italia per il sovraffollamento carcerario: inammissibile che un detenuto abbia a disposizione meno di 4 metri quadrati.
Così ora bisogna fronteggiare una complessa emergenza: allontanare in tutta fretta le detenute dalla prigione affacciata sul golfo di Pozzuoli, quell’antico monumento a più corpi di fabbrica e pregno di storia, in cui si spense il musicista Giovan Battista Pergolesi, stroncato dalla tubercolosi. Ironia della sorte, l’autore dello Stabat Mater aveva cercato rifugio e cura dalla malattia proprio a Pozzuoli, perché si credeva che le esalazioni del vulcano potessero sconfiggere il male.
E adesso che le ferite di migliaia di sismi e centinaia di anni di su e giù della terra si sono accumulate sulle facciate del carcere, sembra arrivata l’ora di chiudere i battenti. Spiega la direttrice Giulia Leoni: «I rilievi tecnici hanno mostrato l’esistenza di lesioni, i pavimenti erano colmi di calcinacci, le suppellettili cadute per cui gli ingegneri hanno ritenuto che le detenute non potessero tornare ai piani nelle loro celle. Subito dopo la prima scossa — ricorda la direttrice — come previsto dalle esercitazioni le detenute sono state accompagnate in un’area di raccolta assistito alla caduta di intonaci e ai pavimenti che ondeggiavano. C’è stata — come è comprensibile — molta paura. Durante la notte il centralino del carcere è stato tempestato dalle telefonate dei parenti preoccupati per la tutto per il verso giusto e c’è stata grande collaborazione».
Ma lo svuotamento del carcere di Pozzuoli è anche motivo di grande amarezza per le stesse detenute, moltissime qui erano impegnate in progetti consolidati di reinserimento