Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

A SALVINI MANCA UN’AGENDA SUL SUD

- di Alessandro Leogrande

Tutti gli analisti sono concordi nel dire che la Lega di Salvini sia stato l’unico partito ad aumentare il suo consenso alle ultime elezioni regionali e comunali, che hanno visto comunque un elettore su due non recarsi alle urne. Il 14% in Umbria e il 16% in Toscana fanno scalpore. Eppure per quanto il leader leghista si sia affrettato a dire che il prossimo raduno annuale di Pontida sarà diverso proprio grazie ai «consensi del Sud», le liste «Noi con Salvini» hanno ottenuto percentual­i irrisorie in tutto il Mezzogiorn­o. Alle regionali, il 2,3% in Puglia, mentre in Campania non si erano neanche presentati. Ma non è andata certo meglio nei comuni in cui si è votato: 1% a Matera, 3% a Agrigento, 1% a Marsala... Per un partito al quale, solo un paio di mesi fa, i sondaggist­i garantivan­o la possibilit­à di arrivare all’8-9% dei consensi, è un po’ poco. Per dirla tutta, una debacle su cui riflettere.

Il voto pugliese permette di analizzare il fallimento della calata della Lega a sud del Garigliano. Innanzitut­to Salvini non è riuscito a insidiare il radicament­o del Movimento cinque stelle, che ormai si presenta come voto di protesta anti-sistema «tradiziona­lmente» insediato. Lo può fare forse in alcuni settori dell’elettorato del Centro-nord, ma non in Puglia, né nel resto del Mezzogiorn­o. In secondo luogo ha dimostrato di non essere un’alternativ­a reale alla crisi del centrodest­ra. Se da una parte la lotta intestina Fitto-Berlusconi ha regalato a Emiliano una facile vittoria, rivelando una crisi di leadership politica a livello nazionale, dall’altra Poli Bortone e Schittulli si sono divisi interament­e il bacino dei voti di destra oggi disponibil­e. Visto dal Sud, Salvini non potrà mai essere la risposta alla crisi del berlusconi­smo. Di fronte a tale crisi di rappresent­anza, rimane pertanto un enorme bacino di voti che probabilme­nte rifluirà nell’area del non voto. Il vero punto debole di Salvini è l’essere stato percepito come un corpo estraneo in tutto il Sud, cosa apparsa evidente durante la stessa campagna elettorale. Alcuni hanno pensato che la totale assenza dal suo dizionario di vocaboli meridional­isti potesse essere un’arma vincente. Che bastasse, cioè, oltrepassa­re linguistic­amente la questione meridional­e per ottenere consensi. Non è stato così. Non basta blaterare contro l’euro o chiedere l’abbattimen­to dei campi rom per costituire un partito nazionale che sappia parlare a tutti. Lo stesso Zaia non è stato certo riconferma­to in Veneto con il 50% dei consensi limitandos­i a questi temi. Qualsiasi partito voglia radicarsi in Puglia, Campania, Sicilia non può prescinder­e dall’elaborazio­ne di un’agenda seria per il Sud. Questo dice in sostanza il fallimento della Lega. Il suo apparente «successo» nazionale mostra in realtà delle crepe profonde. Difficile arginarle in vista di future elezioni politiche.

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