Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
A SALVINI MANCA UN’AGENDA SUL SUD
Tutti gli analisti sono concordi nel dire che la Lega di Salvini sia stato l’unico partito ad aumentare il suo consenso alle ultime elezioni regionali e comunali, che hanno visto comunque un elettore su due non recarsi alle urne. Il 14% in Umbria e il 16% in Toscana fanno scalpore. Eppure per quanto il leader leghista si sia affrettato a dire che il prossimo raduno annuale di Pontida sarà diverso proprio grazie ai «consensi del Sud», le liste «Noi con Salvini» hanno ottenuto percentuali irrisorie in tutto il Mezzogiorno. Alle regionali, il 2,3% in Puglia, mentre in Campania non si erano neanche presentati. Ma non è andata certo meglio nei comuni in cui si è votato: 1% a Matera, 3% a Agrigento, 1% a Marsala... Per un partito al quale, solo un paio di mesi fa, i sondaggisti garantivano la possibilità di arrivare all’8-9% dei consensi, è un po’ poco. Per dirla tutta, una debacle su cui riflettere.
Il voto pugliese permette di analizzare il fallimento della calata della Lega a sud del Garigliano. Innanzitutto Salvini non è riuscito a insidiare il radicamento del Movimento cinque stelle, che ormai si presenta come voto di protesta anti-sistema «tradizionalmente» insediato. Lo può fare forse in alcuni settori dell’elettorato del Centro-nord, ma non in Puglia, né nel resto del Mezzogiorno. In secondo luogo ha dimostrato di non essere un’alternativa reale alla crisi del centrodestra. Se da una parte la lotta intestina Fitto-Berlusconi ha regalato a Emiliano una facile vittoria, rivelando una crisi di leadership politica a livello nazionale, dall’altra Poli Bortone e Schittulli si sono divisi interamente il bacino dei voti di destra oggi disponibile. Visto dal Sud, Salvini non potrà mai essere la risposta alla crisi del berlusconismo. Di fronte a tale crisi di rappresentanza, rimane pertanto un enorme bacino di voti che probabilmente rifluirà nell’area del non voto. Il vero punto debole di Salvini è l’essere stato percepito come un corpo estraneo in tutto il Sud, cosa apparsa evidente durante la stessa campagna elettorale. Alcuni hanno pensato che la totale assenza dal suo dizionario di vocaboli meridionalisti potesse essere un’arma vincente. Che bastasse, cioè, oltrepassare linguisticamente la questione meridionale per ottenere consensi. Non è stato così. Non basta blaterare contro l’euro o chiedere l’abbattimento dei campi rom per costituire un partito nazionale che sappia parlare a tutti. Lo stesso Zaia non è stato certo riconfermato in Veneto con il 50% dei consensi limitandosi a questi temi. Qualsiasi partito voglia radicarsi in Puglia, Campania, Sicilia non può prescindere dall’elaborazione di un’agenda seria per il Sud. Questo dice in sostanza il fallimento della Lega. Il suo apparente «successo» nazionale mostra in realtà delle crepe profonde. Difficile arginarle in vista di future elezioni politiche.