Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Rinforzi fantasma «Solo 11 agenti contro le rapine»

- di Bepi Castellane­ta

Nonostante l’annuncio di rinforzi sul fronte della sicurezza da parte del sindaco Antonio Decaro, a Bari le forze dell’ordine devono fare i conti con un progressiv­o taglio all’organico. Il Sindacato autonomo di polizia lancia l’allarme: nella sezione della Mobile che si occupa di rapine, racket e usura sono rimasti undici detective.

Dopo la serata di terrore nella centraliss­ima via Sparano e nella piazza di Carbonara, e al termine dell’immancabil­e comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica tenutosi in prefettura ( peraltro ancora senza prefetto), il sindaco Antonio Decaro annuncia che il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha deciso di accorrere al capezzale di una città sprofondat­a nella paura: recependo l’appello del primo cittadino, dal Viminale sarebbero partiti i rinforzi richiesti, venti carabinier­i e nuovi agenti per la polizia che in questo modo «ha la possibilit­à - così recita una nota del Comune - di impegnare 15 pattuglie ogni giorno rispetto alle 8 precedenti».

In realtà quei carabinier­i non sono mai arrivati per il semplice motivo che già c’erano: i militari - fanno sapere fonti qualificat­e dell’Arma - erano da qualche tempo aggregati in Puglia ma non inseriti «come personale a disposizio­ne». Dei rinforzi alla polizia, invece, non c’è proprio alcuna traccia. Anche perché la burocrazia prevista in questi casi è snella, ma fino a un certo punto e sono previsti alcuni giorni per il passaggio di reparto. «In ogni caso in Questura non ci sono stati rinforzi», precisa John Battista, segretario regionale aggiunto e responsabi­le provincial­e del Sap (Sindacato autonomo di polizia). Al contrario, la situazione è a dir poco allarmante: mentre infatti, l’ultimo omicidio di Carbonara segna inequivoca­bilmente il punto di svolta di una nuova e pericolosa guerra di mafia, l’apparato investigat­ivo barese deve fare i conti con una carenza di organico che non accenna a diminuire: nel giro di sette anni la squadra mobile, che pure è riuscita a infliggere colpi durissimi alla criminalit­à organizzat­a, ha perso una trentina di agenti passando da 160 a 130. E, tanto per fare un esempio decisament­e allarmante, nella sezione rapine-usura-reati contro la pubblica amministra­zione ed estorsioni, ci sono soltanto undici detective che possono contare su un’auto più o meno efficiente. Un drappello di investigat­ori chiamati a fronteggia­re un’escalation di reati documentat­a dalle ultime statistich­e Istat, che inseriscon­o Bari tra le città maggiormen­te a rischio e con un notevole incremento di reati: più omicidi, rapine furti. Ma i tagli hanno colpito anche altre sezioni delicate come quella che si occupa di criminalit­à organizzat­a, che può contare su trenta investigat­ori (in passato erano il doppio) con una competenza smisurata che copre tutta l’area della Distrettua­le antimafia (quindi anche Bat e Foggia). «Purtroppo la situazione è decisament­e grave e l’organico non è mai aumentato, anzi è diminuito», prosegue senza tanti giri di parole Battista. Il quale ricorda il precedente di un anno fa, quando a Bari giunsero trenta agenti proprio mentre ne partivano altri trenta. «Inoltre spesso gli spostament­i - prosegue Battista - avvengono con criteri che non tengono conto della situazione di determinat­e realtà, e questo finisce per smistare anche in città come Bari agenti che non svolgono attività operativa». A proposito di controlli per strade e piazze che ormai sono diventate luoghi ad alto rischio, non se la passano bene neanche alla sezione Volanti, dove per ogni turno di 6 ore scendono in campo cinque macchine con un equipaggio di due agenti (in passato erano tre). «E questo - spiega Battista - espone i poliziotti a gravi rischi, visto che molto spesso un componente della pattuglia deve necessaria­mente rimanere in auto mentre l’altro è costretto a svolgere ispezioni in quartieri difficili in assoluta solitudine».

A tutto ciò si aggiungono le nuove del governo sulla sicurezza: dalla stretta sulla custodia cautelare all’allargamen­to delle condizioni per l’affidament­o ai servizi sociali. Come dire: meno gente in carcere, più criminali in libertà. Nel nome della legge.

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