Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Le mille pressioni su Emiliano
Partiti e liste che hanno sostenuto il governatore in campagna elettorale presentano il conto
Le pressioni dei partiti e quelle dei singoli eletti, la questione delle donne e la rappresentanza a territori, Foggia e Taranto, fin qui poco considerati. Il neopresidente Emiliano alle prese con la giunta deve far quadrare molti aspetti. Con una incognita che condiziona l’intero quadro: troveranno i suoi avvocati la strada per consentire la nomina di cinque assessori esterni in nome della parità di genere? «La Consulta ha già fatto valere il principio costituzionale su uno statuto regionale», è il ragionamento. Ma il timore di un ricorso dei Cinque stelle è alto.
I salentini premono — con rivendicazioni abbastanza esplicite — per un’adeguata considerazione nella giunta regionale che verrà, in forza della popolosità (seconda dopo Bari). Per la vicepresidenza, che Emiliano intende attribuire a un eletto ma non pd, si sono fatti avanti più o meno scopertamente, già in tre: il democratico Sergio Blasi, il popolare Salvatore Negro e il vendoliano, sponda Stefàno, Sebastiano Leo. Anche foggiani e tarantini, però, rivendicano ruoli: i primi hanno offerto un plebiscito senza pari al neopresidente Michele Emiliano; gli altri pensano di riscuotere le molte promesse di «maggiore attenzione per la rinascita di Taranto», ancor oggi alle prese con gli effetti dell’Ilva. E la questione territoriale, sempre spinosa, dovrà naturalmente trovare una necessaria armonizzazione con quella politica e con quella di genere, per la quale è in ballo l’ipotesi «strappo» della norma di nominare 8 assessori su 10 attinti dal Consiglio.
I leccesi, che hanno contribuito all’elezione di Emiliano portando il Pd a quota 22 per cento, hanno sei eletti da cui pescare. Non solo. Salentino è il più suffragato in assoluto, Blasi, e salentino è il caso «di genere» più spinoso: Loredana Capone è rimasta fuori dal Consiglio nonostante i 12 mila voti ricevuti perché al Pd sono andati due seggi. A meno che l’ex assessora non ottenga giustizia dall’ufficio elettorale (o, dopo la proclamazione, dal Tar), lei, molto vicina a Emiliano, sarà con ogni probabilità (ri)chiamata alla responsabilità del governo, per compensare la beffa. I baresi tenteranno di spuntare quattro posti: Giannini e Nunziante sarebbero irrinunciabili per Emiliano; ci sarebbero poi Pisicchio, se prevalesse il criterio di un assessore per ogni lista che conta eletti, o una donna indicata dai vendoliani, infine la “tecnica” Curcuruto. Foggiani e tarantini dovrebbero vedersi riconoscere una postazione a testa nell’esecutivo, considerato che sia la Bat (con Filippo Caracciolo in pole position) sia Brindisi (con qualche speranza per la capolista non eletta Vincenti) dovrebbero essere rappresentate.
I foggiani premono per occupare almeno la casella dell’agricoltura. Loro è il risultato più alto per Emiliano (51,4 per cento). In corsa sono ben 3 dei 4 eletti del centrosinistra in quella circoscrizione. Ci sperano tanto l’orfiniano Paolo Campo quanto il renziano Raffaele Piemontese, segretario pd e, con 11.300 voti, il più suffragato del territorio: «Neoeletti quindi inesperti? I ministri di questo governo sono in gran parte giovanissimi e alla prima esperienza in parlamento», riflettono i due che sono anche amici. Ma le maggiori chance se le giocherebbe Leo Di Gioia, ex assessore di Vendola, centrista (e anche ex An) che ha contributo con le sue 9.200 preferenze a portare la lista Sindaco di Puglia addirittura al 15,5 per cento nel Foggiano. Potrebbe rappresentare la civica in giunta insieme con il prefetto di Bari Antonio Nunziante. A scompaginare l’assetto e scalzare Di Gioia, però, potrebbe essere la situazione di Taranto. Nella pattuglia dei 5 consiglieri da cui Emiliano dovrebbe attingere, il favorito è un altro “civico” (con un passato nel Pd): Gianni Liviano. Ex consigliere comunale, ora eletto sotto le insegne Sindaco di Puglia. Vicino al neopresidente, a spianargli la strada sarebbe la circostanza che i consiglieri pd (Mazzarano e Pentassuglia) hanno entrambi avuto rapporti burrascosi con Emiliano che, in questa provincia, ha ammesso di aver fallito la missione di rinnovamento delle liste. Ma tarantina è anche Annarita Lemma, la capolista pd non eletta, che si gioca la chiamata con Capone e Vincenti.
Le partite sono diverse e tutte aperte. Anche perché Emiliano non molla sull’ipotesi di salvaguardare la parità di genere o reclutando le elette grilline o nominando cinque esterne, per ovviare alla maggioranza di soli uomini che sederà in aula. Nonostante lo statuto preveda che la giunta sia composta per otto decimi da eletti. «Quello che è prescrittivo — dicono i suoi avvocati — è l’articolo 51 (sul pari accesso agli uffici pubblici, ndr) della Costituzione, come ha chiarito la Corte costituzionale esprimendosi proprio su uno statuto regionale, quello della Campania». Se (per ora dai consiglieri di opposizione Caroppo e Marmo) su Emiliano piovono critiche di chi l’accusa di voler iniziare il mandato violando lo Statuto regionale, il presidente ai suoi chiarisce che il punto di vista va capovolto: «Tutta la legislazione nazionale è orientata a salvaguardare la partecipazione delle donne nella misura minima del 40 per cento. È lo statuto pugliese che, non contemplandolo, ha un vuoto normativo. Non siamo noi che lo violiamo». Per procedere, però, vuole garanzie dagli avvocati. Un ricorso contro le sue nomine potrebbe arrivargli immediatamente proprio dal M5S.
Il vice Lotta a tre fra Leo Negro e Blasi
Outsider I nomi gettonati Liviano e Campo