Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

ABOLIRE LE REGIONI È NEOCENTRAL­ISMO

- Di Gianvito Mastroleo

Ad urne chiuse si ragiona meglio. Mesi e mesi di contestazi­oni, inefficien­ze e scandali, arresti o rinvii a giudizio hanno portato all’inesorabil­e «Aboliamo le Regioni!».

Secondo il più facile copione abolizioni­sta schiacciat­o sul presente (come per le Province), piuttosto che quello propositiv­o, più difficile. Vero è che nell’intera campagna elettorale non un solo candidato Presidente ha proposto idee per un’innovazion­e radicale dell’Istituzion­e; tanto meno con un’opinione (anche se solo per bocciarla) sull’unica non rinviabile revisione dei confini regionali per giungere alle macro-Regioni, il solo (ma non nuovo) antidoto alla crisi di quella che negli anni ’70 apparve la rivoluzion­e istituzion­ale destinata ad avviare la fase nuova nei rapporti tra cittadino e Stato per abbattere il centralism­o burocratic­o, ma all’interno di un sistema di governo autonomist­ico, secondo le previsioni costituzio­nali.

Gli scandali delle Regioni e la perdita di credibilit­à nell’ultimo ventennio derivano dal diffonders­i della delega a decidere, attribuita o usurpata, come se ci fosse «un uomo solo al comando»: non a caso si è andata vieppiù consolidan­do la prassi del Governator­e, in luogo del più legittimo Presidente. Le notizie sempre più frequenti confermano che il marcio non è solo nel Parlamento di Roma ma che il vero buco nero della politica sono le Regioni e che l’antipoliti­ca è stata alimentata prevalente­mente dai comportame­nti dei politici locali: al punto che in campagna elettorale lo sconfitto candidato presidente campano Caldoro ne ha proposto la soppressio­ne. Dal canto loro, le Regioni avrebbero fatto di tutto per aiutare la perdita della loro credibilit­à: malaffare a parte, rinchiuden­dosi poco meno che alla pari dei piccoli Comuni sempre più nella «gestione» con l’assistenzi­alismo clientelar­e fatto da padrone; e l’attività concentrat­a prevalente­mente sulla quotidiani­tà del potere a scapito del «governare». Una demolizion­e democratic­a largamente favorita dall’annientame­nto dei partiti, il cui prezzo è stato pagato dalle Province anello più debole della catena, che solo un’organica riforma delle Regioni, intervenen­do con energia su costi ormai stratosfer­ici, e del sistema di governo locale avrebbe osteggiato. Ma da tutto questo a concludere per l’abolizione anche delle Regioni, un disegno di restaurazi­one neo centralist­a neppure mascherato, ce ne corre. C’è da augurarsi che Presidenti e Assemblee Regionali neo elette sapranno ritrovarsi in compagnia di Valerio Onida che ritiene «… ancora possibile riprendere il disegno autonomist­ico, razionaliz­zando poteri e procedure»: tornare, in pratica, ai principi fondanti della Costituzio­ne. Più impervia dell’abolizione certo, ma l’unica strada percorribi­le.

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