Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
ABOLIRE LE REGIONI È NEOCENTRALISMO
Ad urne chiuse si ragiona meglio. Mesi e mesi di contestazioni, inefficienze e scandali, arresti o rinvii a giudizio hanno portato all’inesorabile «Aboliamo le Regioni!».
Secondo il più facile copione abolizionista schiacciato sul presente (come per le Province), piuttosto che quello propositivo, più difficile. Vero è che nell’intera campagna elettorale non un solo candidato Presidente ha proposto idee per un’innovazione radicale dell’Istituzione; tanto meno con un’opinione (anche se solo per bocciarla) sull’unica non rinviabile revisione dei confini regionali per giungere alle macro-Regioni, il solo (ma non nuovo) antidoto alla crisi di quella che negli anni ’70 apparve la rivoluzione istituzionale destinata ad avviare la fase nuova nei rapporti tra cittadino e Stato per abbattere il centralismo burocratico, ma all’interno di un sistema di governo autonomistico, secondo le previsioni costituzionali.
Gli scandali delle Regioni e la perdita di credibilità nell’ultimo ventennio derivano dal diffondersi della delega a decidere, attribuita o usurpata, come se ci fosse «un uomo solo al comando»: non a caso si è andata vieppiù consolidando la prassi del Governatore, in luogo del più legittimo Presidente. Le notizie sempre più frequenti confermano che il marcio non è solo nel Parlamento di Roma ma che il vero buco nero della politica sono le Regioni e che l’antipolitica è stata alimentata prevalentemente dai comportamenti dei politici locali: al punto che in campagna elettorale lo sconfitto candidato presidente campano Caldoro ne ha proposto la soppressione. Dal canto loro, le Regioni avrebbero fatto di tutto per aiutare la perdita della loro credibilità: malaffare a parte, rinchiudendosi poco meno che alla pari dei piccoli Comuni sempre più nella «gestione» con l’assistenzialismo clientelare fatto da padrone; e l’attività concentrata prevalentemente sulla quotidianità del potere a scapito del «governare». Una demolizione democratica largamente favorita dall’annientamento dei partiti, il cui prezzo è stato pagato dalle Province anello più debole della catena, che solo un’organica riforma delle Regioni, intervenendo con energia su costi ormai stratosferici, e del sistema di governo locale avrebbe osteggiato. Ma da tutto questo a concludere per l’abolizione anche delle Regioni, un disegno di restaurazione neo centralista neppure mascherato, ce ne corre. C’è da augurarsi che Presidenti e Assemblee Regionali neo elette sapranno ritrovarsi in compagnia di Valerio Onida che ritiene «… ancora possibile riprendere il disegno autonomistico, razionalizzando poteri e procedure»: tornare, in pratica, ai principi fondanti della Costituzione. Più impervia dell’abolizione certo, ma l’unica strada percorribile.