Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
UNA LEGGE SBAGLIATA
Immaginate la scena, drammatica per coloro che ne hanno patito le conseguenze. I magistrati dell’Ufficio elettorale indicono una cerimonia pubblica per proclamare i 50 consiglieri regionali. Accorrono in tanti, per ricevere, come da legge, l’attestato di proclamazione direttamente dalle mani del presidente dell’Ufficio. Costui legge l’elenco degli eletti e la vita di 4 persone cambia improvvisamente direzione. Due candidati che si ritenevano esclusi secondo i calcoli ufficiosi della Prefettura di Bari, si riscoprono consiglieri. E altri due, che avevano comprato l’abito buono per il debutto, piangono l’improvvisa perdita del seggio. Per di più - e qui siamo sul piano istituzionale - il governatore Emiliano dovrà rifare i propri calcoli sulla giunta. Gli assessori da nominare - 8 su 10 - devono essere ricompresi nell’ambito dell’Assemblea. Ed è ovvio che se cambia la platea in cui pescare, possono modificarsi le scelte sulle persone da designare. Sono gli ultimi insopportabili effetti di una legge elettorale nata male e finita peggio: partorita a febbraio sotto il calcolo di un risultato già previsto e perciò quasi ritagliata secondo calcoli un po’ osceni. Ma non è solo questo il punto. E non è neppure il caso di gettare la croce sulle spalle dei funzionari della Prefettura e della Regione che hanno svolto i calcoli ufficiosi. Il vero difetto della legge risiede nel fatto che è stata concepita in maniera macchinosa, per adeguare forzosamente il vecchio testo alle ultime sentenze della Corte costituzionale. Una modifica faticosa e strattonata dalle convenienze di questo o quel consigliere. Ne è nata una legge elaborata in fretta, con un pasticcio nella fase di approvazione, visto che si suppone che il testo pubblicato sia diverso da quello votato in Aula. Una legge di cui non è stato possibile simulare gli effetti sul piano dell’applicazione pratica e statistica. Il principale difetto - come rilevato da più parti - consiste nel fatto che i seggi sono attribuiti secondo conteggi complessi e neppure così chiari, se è vero che l’Ufficio elettorale ha deciso di cambiare «metodo di calcolo» rispetto a quello praticato dalla prefettura. E poi - secondo difetto - gli eletti non corrispondono in misura proporzionale agli abitanti delle relative circoscrizioni provinciali: un pasticcio. Una radicale riscrittura del vecchio testo sarebbe stata più opportuna, a condizione che se ne avesse il tempo e soprattutto la voglia. Il Consiglio ha dato pessima prova di sé, anche in riferimento alla questione della doppia preferenza di genere: invocata dal movimento delle donne è finita affossata da un meschino voto segreto. Rimediare si può, come è stato già detto. Occorre subito mettere al lavoro una commissione di studio e chiedere lumi: ai giuristi ma anche agli statistici. E magari anche a qualche vecchio buon insegnante di lettere.