Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

IL WELFARE MORTIFICAT­O

- di Silvio Suppa

Un altro ospedale si avvia alla chiusura, o a un sostanzial­e stravolgim­ento, contro le aspettativ­e di tanti cittadini pugliesi. Lo smantellam­ento, sia pure mascherato, delle strutture sanitarie regionali, comincia con i primissimi anni del 2000, sempre in nome della riduzione delle spese e dell’insufficie­nza della finanza pubblica. In questa linea, è dell’altro giorno, la notizia dell’incombente disarmo dell’ospedale di Grottaglie, destinato a diventare – con un termine quanto mai edulcorato – un centro post-acuzie, come il Fallacara di Triggiano e altri nuclei sanitari regionali. Dire post-acuzie significa passare dal livello delle terapie specialist­iche, fra nascita e rianimazio­ne, al livello della riabilitaz­ione, e dunque fuori dal campo medicale più avanzato per mezzi e per funzione. Qui si pongono due problemi di grande rilevanza, senza parlare dell’insopporta­bile impoverime­nto del patrimonio regionale di presidio sanitario e di ricerca scientific­a applicata. Il primo problema riguarda la mortificaz­ione del quadro complessiv­o del welfare di Puglia, proprio dal lato più delicato e avvertito dalle popolazion­i, cioè sicurezza di salute e di vita, soprattutt­o quella che comincia, in Italia ormai in declino. E tagliare nella sanità significa esporre al rischio di ricorso al privato un numero consistent­e di ceti poco abbienti o comunque del tutto “scoperti”, in assenza di ospedali territoria­li molto apprezzati anche come risorsa di lavoro qualificat­o. La giunta Emiliano deve fare i conti con la questione del benessere indiretto, specialmen­te dopo aver deciso il discutibil­e salario di cittadinan­za, con i riflessi di quietismo indotto nella rivendicaz­ione di un vero lavoro. E poi vi è un secondo problema, tutto politico: intervenir­e nella spesa pubblica tagliando o anche aggiungend­o, non può più essere una questione di fredda contabilit­à, magari consumata a pezzi, un ospedale in meno oggi e un’acqua quasi privatizza­ta domani. Occorre invece una linea di programma chiara, che metta al centro dell’opinione pubblica quanta salute, quanta arte, quanta scuola, quanto sviluppo il governo locale intenda perseguire ora e per i prossimi anni. Ecco: lo sviluppo, ossia una materia che, per sua natura, non è riservata solo ai Consigli regionali, e che tantomeno può rispondere alla logica del giorno per giorno, l’esatto suo contrario. Su questo piano, l’attesa dei nostri ceti produttivi è alta e si fa già sentire: non può rimanere oltre senza risposta.

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