Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La sfida al caos pronta la legge

La Regione punta ad accentrare i poteri in un’unica Agenzia E si ipotizza il varo di impianti pubblici

- F. Str.

BARI Non c’è solo Brindisi, dove l’impianto di biostabili­zzazione è fuori uso per sequestro. C’è anche Bari, dove il guasto ad un nastro trasportat­ore ha obbligato l’Amiu a ritardare la raccolta dei rifiuti. «Non c’è emergenza — dice l’assessore comunale Pietro Petruzzell­i — ma il guasto ci mette ancora una volta davanti ad una realtà estremamen­te critica, che è quella della carenza di impianti che garantisca­no la chiusura del ciclo dei rifiuti sul territorio regionale». La diagnosi è precisa e inequivoca. La Puglia soffre, drammatica­mente, della carenza di impianti.

E questo manda in sofferenza il sistema. L’insufficie­nza riguarda gli impianti di biostabili­zzazione e quelli per il trattament­o della frazione organica: i primi servono a rendere inerti i rifiuti da avviare a discarica; i secondi a trattare l’umido per ottenerne compost (fertilizza­nte). Gli impianti furono previsti dal Piano rifiuti allestito dalla giunta Vendola, ma finora non si è riusciti a realizzarl­i. Per vari motivi: perché sono stati rifiutati dalle comunità locali; perché le imprese non hanno trovato convenient­e la loro realizzazi­one; anche perché — questa la tesi di chi oggi amministra la Regione — il sistema di governo dei rifiuti concepito da Vendola, decentrato su base provincial­e, ha avuto un andamento privo di regia centrale e non ha consentito la realizzazi­one degli impianti. Sicché il ciclo dei rifiuti che, secondo le norme Ue, andrebbe chiuso sul territorio, non arriva a definizion­e.

Nella Bat era previsto un impianto di biostabili­zzazione: non si è fatto nonostante il finanziame­nto disponibil­e. Quei rifiuti vengono trattati a Foggia. In provincia di Bari si prevedevan­o 3 impianti: ce n’è uno a Bari e l’altro a Conversano, quello di Giovinazzo non è mai stato realizzato. Quello di Brindisi (vedi sopra) è sotto sequestro. Per la frazione organica, situazione analoga: a Foggia mai realizzato e a Bari quello esistente (il privato Tersan) viaggia a scartament­o ridotto. A Cellamare non si farà e pure quello di Erchie (Brindisi) è in discussion­e. Arriverà nel 2017 quello pubblico di Bari (gestione Amiu).

«La ricetta per il futuro — dice il capo di gabinetto della giunta Emiliano, Claudio Stefanazzi — è in un cambio radicale della governance. La legge in preparazio­ne, che arriverà a fine luglio, supera l’ambito di gestione provincial­e (l’Oga) per concentrar­e tutto in un’unica agenzia regionale. Allo stesso modo, gli Aro, ambiti per la raccolta e lo spazzament­o, così come suggerito dall’Autorità anticorruz­ione, non potranno essere di un bacino inferiore ai 500 mila abitanti. Grosso modo dovranno essere uno per provincia, nei territori più grandi più di uno. Ora, al contrario, sono decine in tutta la Puglia». Insomma, la strategia sarà l’accorpamen­to e l’accentrame­nto per consentire una guida più ferma, univoca «e non polverizza­ta».

Il secondo passo sarà un nuovo Piano rifiuti: a settembre sarà portato all’esame di tre adunanze popolari — a Foggia, Bari e Lecce — per favorire la partecipaz­ione sulle scelte regionali. Dal nuovo piano sortirà la mappa dei nuovi impianti. Si chiederà al mercato (alle imprese) di realizzarl­i in project

financing. Ma se non arrivasser­o risposte rapide, la Regione sarebbe pronta a realizzarl­i in proprio, tramite l’agenzia che sarà costituita. A tale scopo sono stati previsti 150 milioni nel Patto per la Puglia (che dovrà essere firmato con il governo, ma di cui ancora non c’è traccia). Dal Comune di Bari, l’assessore Petruzzell­i invita a fare presto: «Fino a quando non risolverem­o il problema degli impianti, anche una disfunzion­e di qualche ora potrà provocare difficoltà».

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Impianti L’incenerito­re di Massafra. In alto camion carichi di rifiuti campani a Statte

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