Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Sicurezza, servono regole per gli imam»
Ceceno arrestato, parla il leader degli islamici pugliesi Lorenzini
«Il sistema è senza regole, così anche Bombataliev poteva guidare la preghiera»: lo dice il portavoce della Comunità islamica d’Italia in Puglia, Sharif Lorenzini, che dopo l’arresto de ceceno chiede nuove regole per gli imam.
«Ringraziamo le forze dell’ordine per l’attività eccellente e l’inchiesta svolta. Il ceceno non aveva mai dato prova di fanatismo né aveva mai fatto proselitismo radicale in pubblico. Bisogna evitare di criminalizzare tutti i musulmani: al 99,99% sono persone integrate che partecipano alla costruzione del benessere comune». Sharif Lorenzini, imprenditore e portavoce della Cidi, Comunità islamica d’Italia in Puglia, commenta così l’arresto a Foggia di Eli Bombataliev, trentottenne foreign fighter, al centro dell’inchiesta della Dda «Caucaso connection».
Lorenzini, Bombataliev era una figura di spicco del centro islamico Al Dawa. Torna il rischio di infiltrazione islamista nelle moschee italiane?
«Ho raccolto informazioni dai nostri referenti: risiedeva in Italia da 4 anni e di fatto godeva di asilo politico, era stato ospite del Cara di Foggia. Era arrivato qui nel 2014, conosceva bene la lingua italiana. Ha vissuto in questa città un anno e non ha dato alcun segnale preoccupante. Era un ceceno, ma non sembrava avere ideologie estremiste. È andato a cercare lavoro in Belgio, perché era disoccupato».
Che ruolo ricopriva nella comunità islamica?
«Frequentava il centro, era il custode della moschea». Non era solo il custode. «Conduceva le preghiere. Qualsiasi musulmano può condurre la preghiera, ma questo non significa che fosse una guida spirituale o avesse carisma. Gli era stato rinnovato per ben due volte il perpersone messo di soggiorno. Nell’inchiesta sono finiti anche uno studente universitario e un operaio, entrambi albanesi. È importante inquadrare tutto con la giusta misura». A cosa si riferisce? «La comunità islamica è estremamente allertata, qualsiasi musulmano può essere soggetto a perquisizioni ed espulsioni per motivi legati alla sicurezza nazionale. Per questo, invito le forze dell’ordine a non usare con facilità queste formule perché rischiano di creare preoccupazione nelle comunità musulmane, che sono nella quasi totalità composte da integrate ed equilibrate. Se passa un segnale preoccupante, potremmo arrivare ad una emigrazione verso paesi dove c’è maggiore tutela della libertà e dei diritti, e meno discriminazioni religiose».
Era mai stato nel centro islamico foggiano?
«Ci sono stato non ultimamente. Siamo in costante contatto con i dirigenti della comunità dauna: persone per bene, di elevato profilo culturale».
Come si può evitare in futuro che il ruolo di imam sia ricoperto da personaggi radicalizzati come il ceceno arrestato?
«Al momento noi formiamo gli imam, ma non abbiamo il potere di imporre nulla ai centri islamici: non abbiamo una gerarchia riconosciuta dallo Stato. Solo un accordo nazionale consentirebbe di avere nelle moschee imam preparati, moderati e consapevoli dei principi sani dell’islam». Attualmente, però, non c’è alcun concordato.
«In questo sistema senza regole anche Bombataliev poteva guidare la preghiera, perché era ritenuto persona di fiducia». Come procede la collaborazione con questure e prefetture?
«La collaborazione c’è e ci sarà sempre. Noi siamo i primi a metterci come scudo a protezione della società, ma non accettiamo di essere criminalizzati, né considerati ospiti della società. L’Italia è la nostra patria, la difendiamo con il nostro sangue, non abbiamo scheletri nell’armadio».
Combattenti provenienti dalla Siria frequentano la moschea di Bari?
«No, abbiamo semplicemente persone che scappano dalla guerra e sono bisognose di aiuto e sostegno». A che punto è l’ampliamento del centro islamico barese?
«Non vi è un vero ampliamento ma una ristrutturazione. Abbiamo comprato due immobili dall’asta fallimentare, spazi che utilizzavamo in affitto. I lavori avverranno di pari passo con la raccolta delle risorse dai nostri fratelli».
Dalle intercettazioni dell’inchiesta antiterrorismo emerge che il ceceno e i due albanesi radicalizzati si interrogavano se fosse fitna (peccato, ndr) guardare un film o giocare ai videogames.
«Parliamo di persone che non hanno nessuna idea dei principi base dell’Islam. Giocare ai videogame non è peccato, i nostri figli lo fanno».
Sharif Lorenzini Il sistema è senza regole, per questo anche Bombataliev poteva guidare la preghiera