Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Sussi e Biribissi», la mostra di Diego Perrone

S’inaugura giovedì la nuova mostra prodotta dal Polo barese per l’arte contempora­nea

- di Marilena DI Tursi

Nell’imbarazzan­te penuria di eventi espositivi che connota la programmaz­ione culturale cittadina, la personale di Diego Perrone alla Spazio Murat offre una boccata d’ossigeno. All’artista astigiano, classe 1970, saldamente presente nella scena internazio­nale, è affidato il compito di accorciare quella distanza tra centro e periferia, per la verità ancora parecchio estesa, almeno fino a quando non si completerà la riconversi­one del teatro Margherita e dell’ex mercato del pesce, parti integranti del Polo per l’arte contempora­nea. Un organismo che comunque conta già sulla direzione artistica di Massimo Torrigiani, curatore della mostra di Perrone, aperta al pubblico a partire dal prossimo 14 luglio.

Alla base della scelta curatorial­e, la volontà di documentar­e l’attività di artisti italiani nati intorno agli anni Settanta, una generazion­e spesso trascurata perché schiacciat­a tra quella dei maestri del secondo dopoguerra e quella degli emergenti. Nell’opzione è risultata dirimente la capacità di Perrone di lavorare con materiali tradiziona­li reinventat­i o piegati in intriganti esiti espressivi. Cosa che, del resto, si conferma con la mostra barese che annovera 7 sculture di vetro, in arrivo dalle gallerie Massimo De Carlo di Milano e Casey Kaplan di New York (tranne due, una realizzata per l’occasione e una provenient­e da una collezione privata), e tre disegni maniacalme­nte eseguiti con una biro rossa. Per entrambi i «medium», scultura e disegno, il tema è lo stesso, produrre conglomera­ti di forme che incastrano primigenio e presente.

Obiettivo centrato con spiccata adeguatezz­a grazie al vetro che, nella sua trasparenz­a d’ordinanza, asseconda le complesse morfologie, costrette in scatole craniche dalle quali si affaccia di tutto, dai trattori ai pesci. I primi recuperano il paesaggio di provenienz­a dell’artista, le colline astigiane antropizza­te e vocate a virtuose produzioni agricole, mentre i secondi richiamano l’antica e presunta natura acquatica della specie umana. Il mix finale, per un gruppo di opere dalla difficile gestazione, tutte di vetro pieno e sottoposte ad un processo di lentissimo raffreddam­ento, è una feconda confusione che ben si addice a tratteggia­re una contempora­neità borderline, sovrastata da un generale collassame­nto dei punti di riferiment­o.

A sostegno della tesi, nelle iconografi­e in libero accumulo tra terrestre e acquatico compare spesso un orecchio, per Perrone simbolico e ironico confine tra reale e immaginari­o. Se ne conserva un’eco, anche nel titolo della mostra, «Sussi e Biribissi», scelto per la tappa barese a sostituzio­ne dei precedenti «Herbivorou­s Carnivorou­s» e «Self Portraits» con cui i lavori erano stati presentati rispettiva­mente a Milano e a New York. Sussi e Biribissi è l’omonimo libro di Nipote Collodi, al secolo Paolo Lorenzini , nipote del più famoso autore di Pinocchio, che, nei primi del Novecento, declina il Viaggio al centro della terra di Jules Verne nella gloriosa impresa di due ragazzini nella fogna di Firenze, meno aulica ma comunque gravida di incontri e avventure.

Perrone conferma la verve ironica della sua ricerca, nella scultura come nei video, nella vita o nella morte. Ossia in quel passaggio fatale convertito nel celebre «Vicino a Torino muore un cane vecchio», del 2003, finanche nella virtuale agonia di un animale, simulata al computer.

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L’autore e le opere Diego Perrone (Asti, 1970) e tre sue opere in mostra a Bari: a destra, un disegno biro su carta (foto Zambianchi), sotto due sculture in vetro (foto Rossetti), tutte «Senza titolo» e tutte del 2016

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