Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Canio Loguercio a Ostuni canzoni e parole «d’ammore»

- di Enzo Mansueto

Sull’onda dell’assegnazio­ne della Targa Tenco per la migliore produzione in dialetto, assegnata al cd-book Canti, ballate e ipocondrie d’ammore (Squilibri 2017), realizzato con l’organettis­ta Alessandro D’Alessandro e corredato dei video di Antonello Matarazzo, il cantautore e performer lucanonapo­letano Canio Loguercio è in Puglia per una serie di appuntamen­ti. Ieri si è esibito alla Terza Luna di Trani col consueto format di esibizione/cerimonia a domicilio; stasera sarà a Ostuni, nell’ambito della manifestaz­ione «Un’emozione chiamata libro» e domani sera, ancora in forma di concerto, a Lu Mbroia di Corigliano D’Otranto.

Canio Loguercio ha un legame personale con la Puglia che dura da parecchi anni. Prima che per le numerose occasioni artistiche, quali erano i suoi contatti con la Puglia?

«Dalla Lucania si veniva a Bari per i concerti di Time Zones. Ricordo una notte che io e il mio socio Rocco De Rosa passammo con Nusrat Fateh Ali Khan dopo il suo concerto. Si veniva a teatro e anche a vedere le partite di calcio. Mio padre, quando ero ragazzino, mi portava a vedere il grande Foggia in serie A».

Dalla vicina Lucania partiva nei primi anni Ottanta l’esperienza coi Little Italy, finalisti al Festivalro­ck 1982 con Skizo e Litfiba. Che importanza ha avuto?

«Beh, tutto è nato in quel periodo, l’etichetta Officina, i primi dischi realizzati con il Manifesto, lo studio di registrazi­one nelle Dolomiti Lucane, le esperienze con Audiobox a Matera, insieme a Pinotto Fava che riuscì a spingere Rai Radio1 nei territori della ricerca e della sperimenta­zione sonora».

La Targa Tenco per la migliore produzione in lingua riconosce uno degli aspetti peculiari della sua arte. Come sintetizze­rebbe la sua ricerca sulla parola?

«Innanzitut­to è bene specificar­e che io scrivo canzoni. Che è ben diverso dallo scrivere testi poetici. Le canzoni sono degli oggetti strani, sono fatte di pa- role che si incastrano fra ritmi e melodie, hanno delle regole ferree in cui si alternano strofe e ritornelli. Le parole delle canzoni viaggiano sulla musica ed è questa che può fartele arrivare dritte al cuore. Scrivo e canto per lo più in napoletano, la lingua delle passioni, perché fin da ragazzino sono stato letteralme­nte folgorato dalla grande canzone classica napoletana. Ma il mio lavoro non c’entra assolutame­nte nulla con la tradizione. Certo, scrivo canzoni d’amore, niente di più scontato, ma il mio lavoro è soprattutt­o quello di sperimenta­re nuove forme espressive che mantengano però la forza di un senso comune, che possa essere facilmente compreso e condiviso. Le canzoni, anche se colte, devono essere per forza popolari».

Nel mondo dei talent e della crisi del disco, fare musica, in Italia, e viverci, non è cosa facile.

«Ovviamente per vivere faccio un altro lavoro. Per realizzare questo nuovo disco, io e il mio socio D’Alessandro, che ha curato gli arrangiame­nti, ci siamo indebitati. Abbiamo raccolto un po’ di soldi col crowdfundi­ng, qualche benefattor­e ci ha dato una mano, ma qui in Italia se non sei nel mainstream fai la fame. E la Rai, il servizio pubblico, che tanto potrebbe fare per far emergere la musica indipenden­te, non fa nessun lavoro di scouting, ma si limita a riproporre delle formule assolutame­nte deleterie per una reale crescita e differenzi­azione del mercato della musica. Comunque, non bisogna mollare, mai. Ecco, questo ho imparato fin da bambino nella mia Lucania. Bisogna farsi forza e andare avanti, perché strada facendo quasi sempre si incontrano compagni di strada che possano sostenerci, con cui condivider­e lotte e passioni. Ed è questo che conta».

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Duo Canio Loguercio (a sinistra) con Alessandro D’Alessandro

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