Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La giornata del ricordo? «Una scelta neoborbonica»
Si infiamma il dibattito sulla mozione del Consiglio regionale, proposta da Antonella Laricchia del M5S, che chiede alla giunta di istituire la giornata per commemorare i morti meridionali nel processo per l’unificazione dell’Italia. Cinque storici stigmatizzano la scelta.
Si infiamma il dibattito sulla mozione del Consiglio regionale che chiede alla giunta di istituire il 13 febbraio quale giornata per commemorare i meridionali morti nel processo di unificazione dell’Italia. Un gruppo di storici dell’Università di Bari scrive al Corriere per stigmatizzare l’iniziativa.
Ha perfettamente ragione Alessandro Laterza quando nel suo intervento su Sud e Cultura, parzialmente riportato dal Corriere del Mezzogiorno dello scorso 20 luglio, sostiene con forza che la questione meridionale oggi si affronta «lavorando sulle istituzioni formative, sulla qualificazione del sistema scolastico e sulla riforma organizzativa e ... morale dell’ Università».
Proprio per questo, a leggere la mozione del consiglio regionale dello scorso 4 luglio ci siamo chiesti che cosa diremo nella «giornata della memoria» del prossimo 13 febbraio agli studenti eventualmente coinvolti nelle iniziative sul «ricordo», forse promosse anche con la partecipazione della Regione Puglia, illustrando la caduta di Gaeta e la fine del povero Francesco II di Borbone, sopraffatto da Vittorio Emanuele II e da quel mascalzone di Garibaldi. Perché il 13 febbraio 1861 è la data della presa di Gaeta e della fine dei Borboni.
Diremo agli studenti che il Mezzogiorno è arretrato per colpa dell’unificazione italiana e che la storia delle insorgenze e del brigantaggio, storia certo tremenda e sanguinosa, non è una storia lunga, che si riannoda alle sanguinose insorgenze sanfediste del Cardinale Ruffo, vittoriose coi Borboni e gli Inglesi su quei manigoldi di giacobini, alla fine impiccati sui pennoni delle navi di Nelson?
Le propaggini estreme di un meridionalismo “piagnone” e rivendicazionista, del tutto opposto al meridionalismo degli Sturzo, Salvemini e Gramsci, si coagulano in una operazione che riporta al centro il primato neoborbonico. Francamente un epilogo del meridionalismo storico forse prevedibile, ma del quale c’è poco da rallegrarsi.