Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SI CONTINUA A GIOCARE COL FUOCO E NESSUNO SI BRUCIA LE MANI
Gli incendi che in poco più di una settimana hanno distrutto una fetta notevole del patrimonio verde del nostro paese, rispondono a un piano criminale? O, addirittura, come pure è stato detto, rispondono a un piano eversivo? Sono da considerare unitariamente oppure rispondono a logiche diverse a seconda dei luoghi in cui si sono prodotti?
Anche per cose così dolorose e gravi, non possiamo che restare sul piano della logica e usare unicamente la ragione. Dovremmo, perciò, rispondere subito che, a seconda delle zone di sviluppo degli incendi, a spingere a una tale odiosa e ramificata azione criminale sono state ragioni, interessi e finalità diverse. E, dopo tutto, è ancora così che dobbiamo augurarci che sia. Che cosa dovremmo pensare se, invece, si fosse trattato di una gigantesca offensiva generale e unitaria contro il verde in tutto il paese? Un’unica regia nazionale degli incendi è un’ipotesi mostruosa solo a immaginarla.
Un fatto, però, sembra, nel complesso, anch’esso abbastanza chiaro nella generalità del fenomeno, ed è che la maggior parte degli incendi si sono avuti nel Mezzogiorno, da Roma in giù, e in Sicilia e Sardegna.
Una volta si parlava soprattutto della Calabria e di una delinquenziale azione dei suoi numerosissimi forestali per assicurarsi in estate il lavoro per la successiva stagione. Oppure si parlava di interessi della speculazione edilizia per rendere fabbricabili nuove zone. Questa volta si è parlato genericamente, ma anche quasi esclusivamente, di malavita che distrugge dissennatamente beni in gran parte non ricostruibili che in tempi lunghissimi per procurarsi la sua parte di criminosi guadagni nella successiva, immancabile azione di bonifica, restauro o ripristino, rivalorizzazione, messa in sicurezza delle zone danneggiate.
È sintomatico che quasi non si sia neppure accennato alla possibilità di autocombustioni o di fenomeni casuali dovuti a imprevidenza e trascuratezza o a un malaugurato spirito di imitazione e di emulazione. Anche se a tutte queste eventualità certamente molti hanno pensato, la convinzione di gran lunga prevalente è stata, come abbiamo detto, quella di un fenomeno delinquenziale ai fini di un lucro futuro originato dalle distruzioni dovute agli incendi. Il che non vuol dire che speculazione edilizia, stupida imitazione o emulazione, disastrosa casualità e altre simili belle cose non c’entrino per nulla. Ma anche se c’entrano, quel che conta è l’impressione di gran lunga prevalente, riguardante la malavita. E ciò vuol dire che nell’opinione della gente la malavita appare ormai così potente da potersi permettere anche azioni così vaste, diffuse e rovinose di sabotaggio del patrimonio e dell’interesse pubblico.
Non è il primo, e purtroppo neppure il maggiore, dei segni dai quali si deduce l’assai basso livello al quale è giunta la fiducia dei cittadini nello Stato, nei suoi poteri, nel suo apparato amministrativo e repressivo, insomma nella sua forza, capacità di presenza ed efficienza operativa. Il giudizio negativo sulla classe politica e amministrativa ne è una deduzione automatica, ed è illusorio o ingenuo credere che vi sia qualche ramo dell’amministrazione pubblica che se ne salvi. Che poi nessuno si chieda da dove venga fuori un tale grado di cattiva politica e amministrazione, è un altro discorso, ma la disistima è quella che è, e investe innanzitutto i politici e i partiti (anche quelli che gridano di più contro… i partiti, come si è visto anche nelle recenti elezioni amministrative).
Un tale stato di cose non facilita l’azione di contrasto e repressione di fenomeni come gli incendi di questa estate, ma mettersi a tavolino a insegnare a chi di dovere come si fa è un mestiere dal quale la gente seria saggiamente rifugge. Qualcosa, però, si può dire. Ed è che quello degli incendi è un dramma rituale di ogni estate, e che a ogni estate rivela falle pesanti nell’apparato pubblico di sorveglianza e di intervento. Ciò fa poi diventare necessaria una spesa pubblica ingente (questa volta sarà ingentissima) per riparare al male fatto, che quanto sia riparabile nessuno sa.
Domanda: non è meglio, allora, stanziare in anticipo somme ingenti nello studiare e preparare i mezzi e i modi migliori per fare fronte a evenienze così ripetitive, peccando per eccesso e non per difetto nel prevedere dimensioni e diffusione del fenomeno e quantità di risorse, mezzi e uomini da impegnare per contrastarlo?
È una domanda ingenua? Forse. Ma ingenua è soprattutto in questo: che fa riferimento alla necessità di fronteggiare il fenomeno degli incendi, considerandolo a sé e per sé. E, invece, anche questo fenomeno dev’essere considerato e inquadrato nella politica di difesa del territorio, del paesaggio e dell’ambiente, che fa tutt’uno, anche se dev’essere di necessità condotta attraverso una serie di interventi singoli e particolari. Il coordinamento di una politica che, partendo dai problemi idrogeologici, giunga al paesaggio e ai suoi aspetti generali e urbanistici, non dovrebbe essere impossibile in un’azione politica che si proponga di essere all’altezza dei maggiori problemi del paese; e, oggi come oggi, sarebbe una testimonianza preziosa e un po’ di cura ricostituente per una classe politica così discussa come quella attuale.