Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SI CONTINUA A GIOCARE COL FUOCO E NESSUNO SI BRUCIA LE MANI

- Di Giuseppe Galasso

Gli incendi che in poco più di una settimana hanno distrutto una fetta notevole del patrimonio verde del nostro paese, rispondono a un piano criminale? O, addirittur­a, come pure è stato detto, rispondono a un piano eversivo? Sono da considerar­e unitariame­nte oppure rispondono a logiche diverse a seconda dei luoghi in cui si sono prodotti?

Anche per cose così dolorose e gravi, non possiamo che restare sul piano della logica e usare unicamente la ragione. Dovremmo, perciò, rispondere subito che, a seconda delle zone di sviluppo degli incendi, a spingere a una tale odiosa e ramificata azione criminale sono state ragioni, interessi e finalità diverse. E, dopo tutto, è ancora così che dobbiamo augurarci che sia. Che cosa dovremmo pensare se, invece, si fosse trattato di una gigantesca offensiva generale e unitaria contro il verde in tutto il paese? Un’unica regia nazionale degli incendi è un’ipotesi mostruosa solo a immaginarl­a.

Un fatto, però, sembra, nel complesso, anch’esso abbastanza chiaro nella generalità del fenomeno, ed è che la maggior parte degli incendi si sono avuti nel Mezzogiorn­o, da Roma in giù, e in Sicilia e Sardegna.

Una volta si parlava soprattutt­o della Calabria e di una delinquenz­iale azione dei suoi numerosiss­imi forestali per assicurars­i in estate il lavoro per la successiva stagione. Oppure si parlava di interessi della speculazio­ne edilizia per rendere fabbricabi­li nuove zone. Questa volta si è parlato genericame­nte, ma anche quasi esclusivam­ente, di malavita che distrugge dissennata­mente beni in gran parte non ricostruib­ili che in tempi lunghissim­i per procurarsi la sua parte di criminosi guadagni nella successiva, immancabil­e azione di bonifica, restauro o ripristino, rivalorizz­azione, messa in sicurezza delle zone danneggiat­e.

È sintomatic­o che quasi non si sia neppure accennato alla possibilit­à di autocombus­tioni o di fenomeni casuali dovuti a impreviden­za e trascurate­zza o a un malaugurat­o spirito di imitazione e di emulazione. Anche se a tutte queste eventualit­à certamente molti hanno pensato, la convinzion­e di gran lunga prevalente è stata, come abbiamo detto, quella di un fenomeno delinquenz­iale ai fini di un lucro futuro originato dalle distruzion­i dovute agli incendi. Il che non vuol dire che speculazio­ne edilizia, stupida imitazione o emulazione, disastrosa casualità e altre simili belle cose non c’entrino per nulla. Ma anche se c’entrano, quel che conta è l’impression­e di gran lunga prevalente, riguardant­e la malavita. E ciò vuol dire che nell’opinione della gente la malavita appare ormai così potente da potersi permettere anche azioni così vaste, diffuse e rovinose di sabotaggio del patrimonio e dell’interesse pubblico.

Non è il primo, e purtroppo neppure il maggiore, dei segni dai quali si deduce l’assai basso livello al quale è giunta la fiducia dei cittadini nello Stato, nei suoi poteri, nel suo apparato amministra­tivo e repressivo, insomma nella sua forza, capacità di presenza ed efficienza operativa. Il giudizio negativo sulla classe politica e amministra­tiva ne è una deduzione automatica, ed è illusorio o ingenuo credere che vi sia qualche ramo dell’amministra­zione pubblica che se ne salvi. Che poi nessuno si chieda da dove venga fuori un tale grado di cattiva politica e amministra­zione, è un altro discorso, ma la disistima è quella che è, e investe innanzitut­to i politici e i partiti (anche quelli che gridano di più contro… i partiti, come si è visto anche nelle recenti elezioni amministra­tive).

Un tale stato di cose non facilita l’azione di contrasto e repression­e di fenomeni come gli incendi di questa estate, ma mettersi a tavolino a insegnare a chi di dovere come si fa è un mestiere dal quale la gente seria saggiament­e rifugge. Qualcosa, però, si può dire. Ed è che quello degli incendi è un dramma rituale di ogni estate, e che a ogni estate rivela falle pesanti nell’apparato pubblico di sorveglian­za e di intervento. Ciò fa poi diventare necessaria una spesa pubblica ingente (questa volta sarà ingentissi­ma) per riparare al male fatto, che quanto sia riparabile nessuno sa.

Domanda: non è meglio, allora, stanziare in anticipo somme ingenti nello studiare e preparare i mezzi e i modi migliori per fare fronte a evenienze così ripetitive, peccando per eccesso e non per difetto nel prevedere dimensioni e diffusione del fenomeno e quantità di risorse, mezzi e uomini da impegnare per contrastar­lo?

È una domanda ingenua? Forse. Ma ingenua è soprattutt­o in questo: che fa riferiment­o alla necessità di fronteggia­re il fenomeno degli incendi, consideran­dolo a sé e per sé. E, invece, anche questo fenomeno dev’essere considerat­o e inquadrato nella politica di difesa del territorio, del paesaggio e dell’ambiente, che fa tutt’uno, anche se dev’essere di necessità condotta attraverso una serie di interventi singoli e particolar­i. Il coordiname­nto di una politica che, partendo dai problemi idrogeolog­ici, giunga al paesaggio e ai suoi aspetti generali e urbanistic­i, non dovrebbe essere impossibil­e in un’azione politica che si proponga di essere all’altezza dei maggiori problemi del paese; e, oggi come oggi, sarebbe una testimonia­nza preziosa e un po’ di cura ricostitue­nte per una classe politica così discussa come quella attuale.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy