Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il Sud pagò caro Adesso si deve dire
Sono estremamente soddisfatta del dibattito scaturito a seguito dell'approvazione della mozione che istituisce la Giomata della Memoria per le vittime meridionali dell'Unita d'Italia. Avviare un dibat-tito sul tema, anche con differenti posizioni, era uno degli obiettivi che speravamo di raggiungere.
In quest’ultimo caso la polemica assume davvero i toni dell’assurdo. Vedendo il sorgere di schieramenti contrapposti che – ad oltre un secolo e mezzo dallo svolgersi degli eventi storici – si arroccano su dogmi. Fornendo una lettura apologetica da una parte del risorgimento, e dall’altra dell’Italia pre-unitaria. Contravvenendo, così, a tutti i principi della moderna storiografia.
Che l’Unità d’Italia fosse – da un punto di vista geopolitico – necessaria, a me pare non possa essere messo in dubbio. Mentre le modalità con cui la stessa si è realizzata possono essere, ovviamente, oggetto di riflessione e soggette a critica. Ne può essere data una lettura meridionalista. Al fine di ricostruire le ragioni di un gap tra il settentrione e il meridione d’Italia che non solo non si è ridotto dall’Unità d’Italia, ma che si è addirittura ampliato.
La storia del Mezzogiorno ha attirato l’attenzione di molti studiosi stranieri. Che, forse, sono in grado di darne una lettura più serena e scevra da partigianeria. Nel bel libro The new history of the Italian South, curato dai professori Lumley e Morris, viene ricordato che l’unificazione si realizzò applicando il modello economico e di governo del Piemonte al Mezzogiorno. Il che determinò - stante la differente realtà socio-economica dei due territori – una insanabile frattura. I piemontesi, nel conquistare il Sud, avevano la convinzione che i meridionali fossero un popolo buono, che viveva in un territorio baciato dagli dei, ma costretti sotto il giogo dei Borbone.
Rimossi i Borbone e innestata la virtuosa amministrazione sabauda il sud avrebbe potuto, dunque, sprigionare le proprie potenzialità. La diffusa ribellione contro i Savoia, nei primi anni dall’Unità, cambiava l’idea dei settentrionali sui meridionali.
Ai loro occhi il meridione era sì un paradiso, ma abitato da diavoli. La civiltà doveva essere imposta con la forza. Il Sud occupato militarmente. I ribelli sterminati con ogni mezzo o deportati in campi di concentramento. Gli amministratori piemontesi di stanza al Sud, giudici compresi, si ritenevano depositari di una superiore civiltà da imporre coattivamente ai barbari meridionali.
La narrazione di un Sud abbruttito iniziava. E con essa il pregiudizio, perdurante, nei confronti dei meridionali. Da un punto di vista economico veniva imposta la visione di un nord industrializzato, e di un sud agricolo. E coerentemente le imprese industriali meridionali venivano smantellate e trasferite al nord. Questa la vera origine della questione meridionale. E da questo punto di vista non si può certo negare che il meridione e le sue genti siano state vittime non dei moti risorgimentali, bensì del colonialismo piemontese che negava le specificità delle regioni meridionali, ne disconosceva la cultura, ne comprimeva le possibilità di sviluppo. Ricordarlo non fa male. Gli investimenti nel Sud non sono mance, ma risarcimenti sacrosanti nei confronti di un territorio sfruttato e (sovente) ingiustamente vilipeso. E se serve una giornata per ricordarlo, benvenga!
Visti dai piemontesi Ai loro occhi il meridione era sì un paradiso, ma abitato da diavoli. La civiltà doveva essere imposta con la forza