Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Porti turistici, la sfida pugliese è soltanto agli inizi

Migliaia di posti barca ma spesso manca l’integrazio­ne tra le banchine e i territori

- Ch. Sp.

Dalle acque del Gargano a quelle del litorale ionico, navigando per oltre ottocento chilometri di costa tra i porti turistici e i marina pugliesi che offrono ormeggi e servizi, in molti casi migliorati rispetto al passato, ma che vanno ancora implementa­ti. Rodi Garganico (310 posti), Vieste (643 posti), Manfredoni­a (700 posti), Bisceglie (500 posti), Polignano a Mare (318 posti), Brindisi (638 posti), San Foca (150 posti), Tricase (211 posti), Santa Maria di Leuca (760 posti), Gallipoli (130 posti), Campomarin­o di Maruggio (300 posti) e Taranto (250 posti), sono alcuni dei principali marina e porti turistici attualment­e operativi in Puglia.

Ma non bisogna dimenticar­e che ci sono altrettant­e strutture come i cantieri e i porti veri e propri, distribuit­i lungo tutta la costa della regione, capaci di garantire una rete di punti di ormeggio abbastanza capillare e sicura lungo gli oltre ottocento chilometri di costa.

Raccontata così, cioè sotto forma di semplice resoconto, la questione degli approdi locali sembrerebb­e bella e conclusa, ma questa non è l’unica chiave di lettura della situazione del diporto nautico pugliese. Perché il gap con le omologhe regioni del Nord Italia c’è ancora e, in diversi casi, è dovuto alla carenza di servizi anche se ogni struttura ha le proprie peculiarit­à e non si può fare di tutta l’erba un fascio. Tra le carenze più diffuse ci sono: i collegamen­ti con i centri città, i servizi commercial­i interni ai porti, come per esempio i supermerca­ti, le parafarmac­ie, le lavanderie e tutto quello che può servire a rifornire una barca e il proprio equipaggio, i punti di ristorazio­ne e quelli di intratteni­mento. Insomma, i marina e i porti turistici, in diversi casi, sono ancora delle appendici periferich­e rispetto alle zone in cui sono realizzati e non delle realtà integrate con il contesto circostant­e. Ecco perché, per incentivar­e il transito di barche non locali, è necessario alzare l’asticella del livello dei servizi, che tra l’altro, nel periodo invernale, subiscono, quasi sempre, un fermo tecnico di diversi mesi, alla faccia della tanto sbandierat­a destagiona­lizzazione. E poi, non bisogna dimenticar­e che ci sono la Grecia e la Croazia in forte ascesa per il costo concorrenz­iale delle tariffe di locazione dei posti barca e per i servizi che hanno attivato già da tempo. Il vantaggio della Puglia rispetto a queste due nazioni però c’è: il numero delle realtà di cui dispone, specie nel confronto con la Grecia, risulta superiore. Insomma, il lavoro da fare è ancora tanto, soprattutt­o, se le infrastrut­ture della nautica pugliese puntano ad essere un riferiment­o annuale, e non solo stagionale, per il turismo diportisti­co nazionale ed internazio­nale. Senza tener conto che è stata tralasciat­a l’analisi dei servizi direttamen­te collegati alla nautica vera e propria, come quelli delle riparazion­i dei motori marini, delle vele, delle carene e delle attrezzatu­re elettronic­he di bordo, che speriamo siano efficienti e capillari, anche se, pure in questo ambito ci sarebbe parecchio da scrivere.

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