Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA VERGOGNA DELLE NOMINE

- di Alessio Viola

Un consiglio regionale che discute animatamen­te, delibera, sospende delibere, si riconvoca. Partiti che si agitano, dichiarazi­oni, trattative frenetiche, guerra di comunicati. L’osservator­e distratto, che magari legge i giornali al bar la mattina, può pensare che l’oggetto di tanta tensione morale e politica sia la sorte dell’llva e l’eterna questione tarantina, per dire. Oppure che si tratti finalmente di dare una svolta, anzi di attivare una strategia definitiva contro la Xylella. O che si stia deliberand­o in merito a leggi regionali contro lo schiavismo e il caporalato. Oggetto del tutto è una tornata di «nomine», un momento quasi religioso nelle liturgie della politica italiana, mica solo regionale per carità. Le «nomine» sono l’essenza stessa del sistema, sono la transustan­ziazione della politica che si trasforma in pane e rose per suoi beneficiar­i, contende al Cristo che ci hanno raccontato al catechismo il primato della moltiplica­zione dei pani e dei pesci. Siamo evidenteme­nte in campo mistico religioso, non parliamo mica di cose volgari come il potere. Ma le «nomine» sono anche il momento in cui gli amministra­tori scendono dal palazzo del marche del Grillo, con tutti i discorsi che il gesto postula. Questa discussion­e in particolar­e ha un pregio che va riconosciu­to: nessuna ipocrisia, non si parla di qualità profession­ali o di interessi generali della collettivi­tà. Questi davvero sono un fondale, una quinta di scena che serve a dare rilievo allo spettacolo. Sulla qualità dei protagonis­ti della disputa niente da dire. Ma appunto di questo si tratta. Dell’ostinato pervicace bisogno delle forze politiche, in questo caso di chi amministra, nel passato di chi ora è opposizion­e, di mettere il proprio marchio su un organismo rispetto al quale già tanti, e da molto tempo, sono in dubbio sulla sua reale utilità. Declinare ad alta voce le regole del Cencelli applicate agli enti regionali è un favore alla cosiddetta antipoliti­ca che neanche il più sprovvedut­o giovane segretario di provincia dovrebbe compiere. Rivendicar­e nomine per la propria parte politica, si tratti di comunicazi­one, di sanità o di agricoltur­a, pesarne le responsabi­lità, adombrare addirittur­a la possibilit­à di modificare una legge regionale già modificata a suo tempo è la mortificaz­ione dell’istituzion­e, un consiglio regionale non può discute su «questo è mio quello è tuo» senza riportare una lesione grave di credibilit­à. Peggio ancora poi, quando si apprende che esiste una lista, domande fatte, curriculum presentati. Gli enti regionali come le municipali­zzate continuano ad essere fortini in cui si sono asserragli­ati i «cencellist­i» come giapponesi nella giungla. I danni sono solo per i cittadini e per gli incolpevol­i profession­isti coinvolti.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy