Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Era d’ottobre, Paolo Mieli racconta La rivoluzione cento anni dopo
Oggi al Palazzo va in scena la storia del comunismo: più che una lezione, uno spettacolo
Una riflessione sulla Rivoluzione d’Ottobre che trasformò la Russia da paese agricolo in potenza mondiale, uno sguardo sulla memoria dei comunisti italiani e una riflessione sull’Italia che verrà: su queste linee si muove lo spettacolo Era d’ottobre dello storico Paolo Mieli, pièce in scena al teatro Palazzo di Bari, oggi alle 18. Al centro del palco ci sarà un quadro di Renato Guttuso, pittore e intellettuale organico al Pci: si intitola «I funerali di Togliatti», opera nella quale sono ritratte personalità di rilievo del movimento comunista internazionale, da Lenin a Stalin, passando per Dolores Ibarruri e Ho chi Minh, mentre mancano icone come Mao, Fidel castro, Che Guevara, esclusi perché irregolari e poco allineati ai diktat della nomenclatura sovietica. Le omissioni dell’artista sono spiegabili, secondo lo storico milanese, con la lentezza con cui il mondo culturale si liberò «da dogmi e luoghi comuni» dettati dall’ideologia sovietica. E solo con questa ratio si spiegano le esclusioni dal ritratto di Nikita Krusciov o dei premi Nobel Boris Pasternak e Aleksandr Solgenitsin, scomodi in una visione salvifica dell’esperimento totalitario in corso di svolgimento a Mosca.
La riflessione sulla rivoluzione russa di Mieli, nel centenario, ha da un lato l’obiettivo di rilevare le emozioni che suscita il racconto storico nel pubblico e dall’altro la missione di ripercorrere le tappe di un cambiamento politico che l’iconografia descrive come gioioso, quasi come una festa, mentre in realtà fu costellato di terribili sacrifici e scelte spietate dei protagonisti, determinati a raggiungere la conquista del potere con metodi sbrigativi e allo stesso tempo efficaci. Dalla rilettura del 1917, secondo Mieli, risalta il carattere dei leader che «fa la storia»: «Nei momenti difficili le personalità carismatiche si impongono e accelerano il corso degli eventi, anche manipolando i meccanismi tradizionali della trasmissione del potere dal popolo a chi lo esercita».
Una sintesi degli effetti immediati che ebbe l’insediamento dei bolscevichi nei palazzi del potere russo è fornita da questa riflessione dello storico Franco Cardini: «Il 25 ottobre gli insorti occupavano il Palazzo d’Inverno di Pietrogrado e arrestavano i membri del governo che vi si trovavano mentre Kerenskij faceva a tempo a fuggire in Francia. Il congresso dei Soviet, ormai egemonizzato dai bolscevichi, assumeva formalmente il potere, ma da esso si ritiravano menscevichi e socialrivoluzionari moderati. Il giorno successivo - continua Cardini - il governo sovietico emanò i due primi fondamentali decreti: immediata e incondizionata uscita della Russia dal conflitto (la prima guerra mondiale, ndr) e abolizione della proprietà privata con relativa ridistribuzione tra i contadini delle terre confiscate; fu inoltre stabilita la giornata lavorativa di otto ore e si abolì di nuovo la pena di morte. A queste misure fece immediato seguito, il 27, il decreto sulla stampa che introduceva la censura sui giornali».
Il connubio tra grande storia e teatro fornisce elementi per guardare alla realtà, oltre sogni o disincanto. E se «rivoluzione» è una parola che ha ancora cittadinanza politica in Italia, non più usata per indicare assalti armati ai palazzi del potere, forse c’è lo spazio per un cambio di passo radicale, una evoluzione riformista verso un sistema compiuto di democrazia dell’alternanza. «Una rivoluzione davvero auspicabile», secondo Mieli.