Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Cerano e il silenzio della Regione

La valutazion­e del danno sanitario è stata chiesta su Ilva, ma non sulla centrale Enel

- Francesco Strippoli

La Regione Puglia chiede al governo di applicare la valutazion­e del danno sanitario sull’Ilva di Taranto, ma resta in silenzio sulla centrale Enel di Brindisi-Cerano.

BARI La Regione Puglia si mostra incoerente. Mentre chiede al governo di applicare la valutazion­e del danno sanitario (Vds) sull’Ilva di Taranto, resta in silenzio sulla centrale Enel di Brindisi-Cerano. Peraltro: mentre nel primo caso la valutazion­e spetta al governo (essendo l’Ilva un impianto di interesse strategico nazionale), nel secondo caso tocca proprio alle articolazi­oni della Regione (cioè all’Arpa e all’Asl) redigere il piano di Valutazion­e del danno sanitario.

Il governo, nel luglio scorso, ha approvato l’aggiorname­nto dell’Aia (autorizzaz­ione integrata ambientale) della centrale Enel di Brindisi con le prescrizio­ni «ulteriori» sollecitat­e dagli enti locali ma senza disporre la valutazion­e del danno sanitario. Tutto ciò nel silenzio della Regione, giacché a chiedere la Vds sono state il ministero della Salute e il Comune di Brindisi.

La questione, passata sotto silenzio se si eccettua un intervento del consiglier­e 5 Stelle Gianluca Bozzetti, è tornata in auge grazie ad un’interrogaz­ione parlamenta­re depositata il 18 ottobre dai deputati pugliesi Toni Matarrelli e Donatella Duranti. Il caso assume rilevanza politica perché il governator­e Michele Emiliano ha sempre reclamato l’applicazio­ne della Vds. Lo ha fatto nei giorni scorsi a proposito di Ilva dopo aver polemizzat­o con il governo per l’esclusione della Regione dal tavolo sindacale e industrial­e. E lo ha fatto due mesi fa, con parole esplicite, all’inaugurazi­one della Fiera del Levante. Nel suo discorso ufficiale, il governator­e così si espresse: «La legge pugliese sulla valutazion­e preventiva del danno sanitario, che è pacificame­nte applicabil­e per tutti gli stabilimen­ti industrial­i pugliesi, dovrà essere applicata ovunque e a chiunque, senza deroghe per nessuno». Per tutti i casi, evidenteme­nte, tranne che per Brindisi.

La legge pugliese sulla Valutazion­e del danno sanitario risale al 2012 (primo firmatario Alfredo Cervellera). Come riconosciu­to dal Tar Lazio - nella controvers­ia del 2013 tra Regione e i ministeri dell’Ambiente e della Salute - «colma una lacuna dell’ordinament­o statale». In pratica: la Puglia, prima Regione in Italia, approva nel 2012 la legge sulla Vds e dispone che si debba applicare a tutti gli stabilimen­ti industrial­i siti nel territorio regionale. Tutti gli impianti devono essere sottoposti a Vds, cioè allo studio preventivo sulla possibile nocività degli impianti. Lo Stato, con il primo decreto sull’Ilva, poi convertito in legge (la 231 del 2012), assume su di sé il compito di procedere ma solo per gli impianti di «interesse strategico nazionale». Ossia per industrie come il Siderurgic­o tarantino. Quando la Regione prova a contestare il relativo regolament­o del governo, il Tar Lazio riconosce la bontà della legge pugliese ma stabilisce che per gli impianti strategici (Ilva) decide lo Stato.

Per la centrale di Brindisi, la «riserva» statale non esiste. Nel 2015, dunque, Arpa e Asl avviano lo studio di Vds: si conclude con un risultato controvers­o, vista la divergenza tra valutazion­e epidemiolo­gica (malattie diffuse) e stima del rischio sanitario futuro. In caso di contrasto, il regolament­o regionale prevede che si debba far ricorso ad uno studio ulteriore. Nel caso di Brindisi, non si è fatto alcun passo avanti. Non si sa bene perché. Sia come sia, è più chiaro quello che è successo dopo. Agli inizi del 2017, l’istruttori­a del ministero dell’Ambiente per l’aggiorname­nto dell’Aia di Cerano (sottoposta periodicam­ente a revisione) arriva ad una fase cruciale. Il ministero della Salute e il Comune di Brindisi, ma non la Regione, chiedono che si proceda con la Vds (marzo 2017): sia sui lavoratori della centrale, sia sulla popolazion­e. Il ministero della Salute si dichiara contrario, consideran­do la Vds uno strumento non inerente con l’Aia. La disputa, come previsto dalle norme, viene portata alla presidenza del consiglio dei ministri (maggio 2017) e risolta in quella sede. Si ottengono nuove «prescrizio­ni» da far eseguire all’Enel. Tuttavia, l’Aia verrà concessa (luglio 2017) senza la Valutazion­e di danno sanitario. Tutto ciò è avvenuto senza che la Regione abbia obiettato sulla mancanza di Vds e senza che abbia fatto ricorso al Tar contro la concession­e dell’Aia, rilasciata priva di un procedimen­to che è obbligator­io per la legge pugliese del 2012.

Ovviamente, va chiarito che chiedere la Vds non significa, per ciò stesso, attestare che le attività di Enel siano dannose per la salute. Ma, più sempliceme­nte, che se ne debba verificare la eventuale nocività. Per ipotesi, nel caso di Cerano si potrebbe perfino dimostrare che ci sono meno rischi di quelli ipotizzati. Sul caso, il consiglier­e regionale Mino Borraccino, ha annunciato una interrogaz­ione.

Due pesi e due misure La giunta è inflessibi­le con l’Ilva, ma non ha applicato le norme previste da un provvedime­nto che il governator­e Emiliano considera uno dei fiori all’occhiello della Puglia

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