Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La Taranta punge se stessa Il pamphlet di Gorgoni
Il ragno se la prende con la politica e con gli operatori, sognando un altro tempo
Le lettere sono 99 e c’è anche una telefonata. A scrivere è il ragno più famoso di Puglia, la Lycosa tarantula, a ricevere le missive (e la telefonata) è Raffaele Gorgoni, elegante giornalista della Rai, finissimo scrittore, da tempo molto critico nella gestione degli affari tarantolati della Fondazione di Melpignano. La raccolta è contenuta nel suo ultimo libro, Lettere da una taranta. I ragni e la politica, edito dalla casa editrice salentina I Quaderni del Bardo per la collana I Sassolini, che stasera l’autore presenterà a Bari, alle ore 19, presso il Museo Civico, insieme con Michele Laforgia e la sottoscritta.
Il titolo è una cover, come ha spiegato spiritosamente Raffaele, una riproposizione voluta di quello del grande classico degli studi sulle vittime del morso del ragno: Lettere da una tarantata, che l’antropologa Annabella Rossi pubblicò nel 1970 e che è stato ristampato da SquiLibri nel 2015. La differenza con il libro di Rossi sta nel fatto che la protagonista stavolta è proprio lei, la Lycosa, «bistrattata, odiata e amata, adulata e disprezzata, incensata e criticata, vezzeggiata e maltrattata dopo tanti anni di pizziche e notti a Melpignano». E perché il ragno si è ridotto a scrivere invece che continuare a pizzicare? Perché – ha spiegato Gorgoni in ogni intervista - è «un filino incazzato» e vuole dire la sua sul Salento, sui politici, sulla Notte di Melpignano e sulle tarantate.
Avrete già intuito che non ne parlerà bene, si toglierà infatti molti «sassolini dalle scarpe» (proprio come il titolo della collana che l’editore Stefano Donno ha affidato allo stesso Gorgoni) e soprattutto si accalora quando arriva ai giorni nostri, a venti anni dal primo Concertone. Ne ha per tutti: i Maestri Concertatori, i musicisti, i presidenti della Regione, i politici. E fa nomi e cognomi. A Lycosa non piace nemmeno il logo (la ingrassa), ma più di tutto detesta quanto l’ha resa celebre: il frastuono e la folla del Grande Evento, la Notte di Melpignano, il Concertone. E qui la penna tagliente di Raffaele dà il meglio: occasioni perse, scelte sbagliate, avidità per i grandi numeri che raccontano un successo che tuttavia (è la tesi) non porta beneficio né alla cultura né al territorio. Con un giudizio tremendo proprio sulla Notte della Taranta: è stata snaturata, ha perso la sua anima per colpa di politici che ne hanno sfruttato il «mito» a seconda delle opinioni (sia il moderato Fitto, sia il rivoluzio- nario Vendola, sia il pragmatico Emiliano); ma anche a causa di direttori artistici o di maestri concertatori che l’hanno trasformata in un festival qualunque.
E tuttavia il ragno (e nemmeno Gorgoni) non si rassegna. E con l’umano, col quale alla fine parla a telefono, prova a buttare giù un programma di rinascita che punta a «contaminazioni straordinarie» ripescando la pura tradizione dello spettacolo salentino. Una nuova vita, più rispettosa dei diritti del «vivente non umano» e di quanti si aspettano dall’evento qualcosa di più che ballare in una piazza una notte di agosto. Parole pesanti, soprattutto perché pronunciate da chi ha responsabilità, essendo Gorgoni, come si sa, il vicepresidente della Fondazione che organizza il Concertone. Ma al di là della «pizzicata», la proposta di Lycosa-Gorgoni, tesa a un ritorno alla purezza della tradizione, è praticabile?
Salvatore Esposito, appassionato seguace dei riti tarantolati, nel suo intervento su Blogfoolk, si è chiesto se la voce critica di Lycosa Tarantula non sia arrivata fuori tempo massimo, «dopo aver atteso il fluire degli eventi per vent’anni». Noi non ce lo chiediamo neanche, siamo ben oltre il tempo massimo. Anzi, bisogna sperare che la moda del Concertone resista quanto più è possibile. E che i centomila continuino a venire a ballare a Melpignano. Continueranno a non sapere perché vengono, su questo ha ragione Lycosa, ma se spariscono loro, sparisce anche il Salento. E’ il tempo di Blade runner (il primo e il secondo), quello degli androidi, le tradizioni sono andate perdute, «come lacrime nella pioggia».
Insofferenza Alla «Lycosa tarantula» non piace il frastuono e la folla festante del Grande Evento