Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Quei giudici erano famelici»
Negli atti l’intercettazione choc. Un mediatore confessa: «I soldi dopo il caffè»
Giudici definiti «famelici». E poi il racconto della consegna delle tangenti. È quanto emerge dalle intercettazioni e dalle prime ammissioni che figurano nelle indagini foggiane sulle sentenze tributarie comprate.
FOGGIA «A fronte del mio intervento ho riscosso la somma complessiva di 4500 euro. La consegna è avvenuta sempre a San Giovanni Rotondo nella stanza in uso all’Orlandi che sapeva che parte dei soldi andavano ad alcuni membri della commissione». A raccontare agli inquirenti come avveniva il pagamento delle tangenti per pilotare le sentenze della Commissione tributaria provinciale è uno degli indagati nell’inchiesta denominata “Giustizia Privata”. Una indagine che ha coinvolto quattro giudici tributari, quattro commercialisti difensori e due dipendenti delle commissioni: tutti agli arresti domiciliari. Altri tre commercialisti sono stati sospesi dall’attività per un anno.
Secondo la tesi dell’accusa i commercialisti avrebbero pagato tangenti, da 500 a mille euro, per avere sentenze a loro favorevoli. Oltre ai 10, destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare e ai tre colpiti dalla misura interdittiva della professione per un anno, ci sono altri 40 indagati tra cui chi faceva da intermediario tra il commercialista e i membri della commissione. Ed è stato lui a raccontare come avveniva la consegna del denaro che azionava il sistema per ottenere ricorsi favorevoli.
Tra le sentenze che sarebbe state pilotate ci sono due che riguardano ricorsi della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo anche se tutto è avvenuto all’oscuro della dirigenza della struttura. A gestirle sarebbe stato il commercialista difensore della Fondazione, Gianluca Orlandi, coinvolto nell’inchiesta e sospeso dall’attività. In una di queste sentenze il giudice relatore era l’ex assessore regionale Lorenzo Nicastro, coinvolto nell’inchiesta e all’epoca dei fatti contestati in servizio ad una sezione della Commissione tributaria provinciale.
«Mi sono incontrato con Orlandi – racconta l’intermediario - perché mi doveva consegnare i soldi pattuiti per l’appello di Casa Sollievo. Inizialmente avevo chiesto 3500 euro ma, vista la sua ritrosia, in un secondo momento gli ho detto che mi poteva dare quello che voleva. Dopo aver preso il caffè – continua il racconto al magistrato – mi ha consegnato il controricorso presentato dall’avvocato ….. e una busta gialla contenente i soldi (duemila euro in 20 banconote da 100 euro) che ho consegnato spontaneamente alla guardia di finanza». L’intermediario riferisce agli inquirenti di aver detto al commercialista che quei soldi «andavano tutti a quelli della Commissione che si erano interessati della sentenza». Membri che lui stesso, parlando con Orlandi, giudica «famelici»”.
Secondo gli inquirenti Nicastro avrebbe falsificato 168 sentenze, procurandosi un ingiusto profitto di 1.920 euro. L’ex assessore regionale, accusato di falso in atto pubblico e truffa, avrebbe fatto «completamente redigere» le sentenze dalla sua ex segretaria, oggi in pensione, Rosaria Adriana Benigno, finita agli arresti domiciliari anche per il reato di corruzione in atti giudiziari.
Tra le sentenze falsificate ce n’è una di Casa Sollievo. A parlare questa volta è la persona che avrebbe ricevuto il denaro per pilotare il ricorso e che al magistrato racconta di aver parlato di un contenzioso con «la Benigno dicendole che mi interessava. Il giudizio è stato assegnato al Nicastro. Per questa pratica non ho ancora preso nulla da . … ma il compenso sarebbe stato come sempre postumo ed avrei diviso con la Benigno per il suo interessamento sia per l’assegnazione al giudice amico che per la redazione del provvedimento».