Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Salvini in Puglia ancora non sfonda ma porta al successo Sasso e Marti
La caduta degli dei. Ma se lo tsunami che ha travolto il Pd e la sinistra-sinistra non sorprende più di tanto, il flop in Puglia di “Noi con l’Italia” di Fitto ha del clamoroso.
La Puglia fittiana doveva essere il punto di forza della “quarta gamba”. Che dall’esito delle urne “riemerge” azzoppata. È presto e prematuro parlare di parabola discendente di quello che Berlusconi definì la «mia protesi», affascinato dall’ascesa di un giovane legato al territorio, certo con una metodologia che richiamava molto la prassi della Prima repubblica. Ora Raffaele è chiamato a fare i conti con una clamorosa debacle elettorale e non solo. Abbandonato dall’elettorato e dai fedelissimi di una vita. A partire da Rocco Palese.
Sono lontani i tempi in cui mister-preferenza (283mila alle ultime europee) poteva contare su un “tesoretto” che sembrava intoccabile. Paradossalmente la forza elettorale di Fitto ha finito con il diventate il suo punto di debolezza. Poiché di lì è incominciato il suo tortuoso percorso politico. Già a partire dalla competizione elettorale persa contro Vendola, nella quale a Berlusconi, che appariva alla frutta, fu fatto intendere che la sua presenza in Puglia non sarebbe stata particolarmente gradita. Poi, con la scelta unilaterale degli ultimi candidati-presidenti alla Regione. Sconfitti da Vendola e da Emiliano. Non solo. Immemore che nel centrodestra tutti gli aspiranti delfini di Berlusconi che avevano tentato di impadronirsi dello scettro erano stati falcidiati, Fitto entra in collisione con Berlusconi. Lo punzecchia sulle primarie, sulla scelta dei candidati, sul programma. Fino allo scontro, quasi fisico, tra i due quando Berlusconi, infastidito dal pressing di Fitto, che lo accusa di filorenzismo, gli grida: «Tu sei figlio di un vecchio democristiano ...qui non c’è spazio per certe cose». Fitto diventa paonazzo, atterrito. Brunetta scoppia a piangere. È uno psicodramma che preannuncia la rottura. E la svolta liberista di Fitto. Che scopre la “via inglese”. Dalla Tatcher a Cameron. Nasce “Conservatori e riformisti”. Un ossimoro? Forse. Così se da un lato Fitto scopre i liberisti europei, i suoi parlamentari in Parlamento presentano emendamenti iper-protezionistici per difendere le aziende di trasporto regionale. Liberisti e assistenzialisti. Un bel pasticcio. Come i successivi cambiamenti di denominazione: nel 2017 nasce Direzione Italia. Poi, negli ultimi mesi tutto un infervorare di trattative con l’Idea di Quagliarello, poi con Cesa. Un movimentismo esasperato, indice dei tempi bui che si profilavano all’orizzonte. Non è bastato il rientro nella casa madre del centrodestra, come leader della “quarta gamba”. Surclassato in Puglia dagli alleatinemici di Forza Italia. Con la chicca finale: il “figliol prodigo” che rifiuta, così pare, anche l’ancora di salvataggio in un collegio sicuro al Nord.
Il declino Da «protesi» del Cavaliere a protagonista mancato nell’area centrista. La fuga dei vecchi fedelissimi e il flop delle urne