Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Le tavole» del 19 marzo Il rito che rievoca l’Ultima cena

Nel menu pasta e ceci, pesce fritto e cavolfiore

- Giu. Da. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le «tavole di San Giuseppe» sono tra le usanze più antiche che ricorrono il giorno della festa del santo protettore di famiglia e poveri, imbandite in molti Comuni pugliesi. In particolar­e in Salento (tra cui Giurdignan­o, Poggiardo, Uggiano la Chiesa, Cerfignano, Cocumola, Minervino di Lecce, Casamassel­la e Otranto), nel Brindisino (a San Pietro Vernotico, Erchie e San Donaci) e nel Tarantino (Lizzano, Sava, Monteparan­o e San Marzano di San Giuseppe dove il culto di San Giuseppe, patrono della cittadina dal 1866, ha radici greco-ortodosse risalenti al XVII secolo, dato che la comunità albanofona lo importò dalla madrepatri­a).

La festa trae origine dell’usanza di bandire banchetti da offrire a poveri e forestieri. Prevede una lunga preparazio­ne, sin da febbraio, quando famiglie devote preparano, con riti antichi, pane e pasta tradiziona­le (massa e ciciri), per distribuir­li a chi fa loro visita. La sera che precede il 19 marzo, dopo la messa e prima del falò, il parroco benedice le tavolate. I commensali, detti anche santi, un tempo scelti tra i poveri, oggi soprattutt­o tra parenti e amici, dopo che i proprietar­i di casa hanno lavato loro le mani (gesto che rievoca l’ultima cena), possono assaggiare le pietanze. Il numero minimo è tre, come la sacra famiglia, a cui possono aggiungers­i altre «coppie di santi», fino a tredici, numero che richiama l’ultima cena. Il 19 mattina, prima della procession­e del santo, famiglie, quartieri o associazio­ni allestisco­no sulla via principale le tavole, «madie» o «mattre», adornate di fiori e allestite con piatti tipici, per i poveri ma anche per cittadini e curiosi. Né formaggio né carne, perché siamo in periodo di quaresima. Via libera a pasta e ceci, pesce fritto, baccalà, cavolfiore lampascion­i, rape, vermiceddh­ri con cavoli, pittule, grosse ciambelle di pane coi finocchi e, in molte zone del nord Barese, calzoni ripieni di cipolle stufate, olive, acciughe.

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Fino a tredici Numero massimo di commensali, detti anche santi, una volta scelti tra i poveri

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