Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Toscani, la prima volta in Puglia
Prorogata ad Otranto fino alla fine di giugno la personale del celebre fotografo Nel Castello Aragonese più di cento opere tra cui i ritratti di «Razza Umana»
Le sue foto, potenti, dunque eterne, ci hanno aiutato ad assorbire il mondo. Oliviero Toscani ha disordinato la fotografia, ha portato scompiglio nella pubblicità, ha inventato un nuovo linguaggio provocatorio, sebbene «la provocazione io non so cosa sia, mi piace solo provocare interesse», ha sempre detto il maestro della fotografia di denuncia.
Interesse, di sicuro, sta destando “Più di cinquant’anni di magnifici fallimenti”, nelle sale del Castello Aragonese di Otranto, la mostra che celebra la sua carriera.
E la buona notizia è che, considerato il numero di richieste e prenotazioni, si è deciso per una proroga: la mostra resterà aperta non più fino al 31 marzo, come era stato stabilito all’inizio, ma fino alla fine di giugno. I ritardatari sono salvi.
«È la prima mostra di Toscani in Puglia, e per questo abbiamo voluto concentrarci su un percorso antologico che riproponesse le fasi significative della sua carriera», dice Lorenzo Madaro, critico d’arte e coordinatore della retrospettiva, che è stata curata da Nicolas Ballario, e prodotta da Theutra con la collaborazione del Comune di Otranto (comunicazione visiva e allestimento di Farm).
Più di cento foto le foto in esposizione. Tra cui le celeberrime del periodo Benetton: il Bacio tra prete e suora del 1991; i Tre Cuori White/ Black/Yellow del 1996; NoAnorexia del 2007. Fotografie che fanno parte del nostro patrimonio visivo/esistenziale.
Ci sono anche i lavori realizzati per il mondo della moda, che Toscani ha contribuito a cambiare radicalmente: da Donna Jordan a Monica Bellucci; e poi i ritratti del periodo newyorkese: Mick Jagger, Lou Reed, Andy Warhol. E ancora Federico Fellini e i più grandi protagonisti della cultura e dello spettacolo dagli anni Settanta in poi.
In questa straordinaria galleria, anche il ritratto del genio di “Nostra signora dei
Il coordinatore Madaro: «Allestimento come format, ripensato per questo territorio»
Turchi”, Carmelo Bene.
«La mostra è una sorta di format – spiega Lorenzo Madaro – ma per l’evento in Puglia è stata completamente ripensata e riletta. L’obiettivo era renderla assimilabile con il territorio che la ospita, individuare punti di contatto e rendere ancora più attuale la riflessione. È per questo che abbiamo deciso di concentraci sulla serie di foto “Razza Umana”: volti, storie, etnie, racconti».
In una città di frontiera come Otranto, che guarda il Mediterraneo e storicamente accoglie, non poteva che essere così.
“Razza Umana” sono i volti che da oltre vent’anni Oliviero Toscani ritrae nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo.
Si tratta forse della sezione più introspettiva dell’esposizione: ogni volto sembra raccontare l’anima.
“Razza Umana è frutto di un soggetto collettivo - ha scritto il critico d’arte Achille Bonito Oliva - lo studio di Oliviero Toscani inviato speciale nella realtà della omologazione e della globalizzazione. Con la sua ottica frontale ci consegna un’infinita galleria di ritratti che confermano il ruolo dell’arte e della fotografia: rappresentare un valore che è quello della coesistenza delle differenze».
L’integrazione, del resto, è il tema che sta a cuore a Toscani, oggi più di allora.
Le sue nuove campagne, e per Benetton, e per Best Company, marchio storico degli Anni Ottanta oggi in ripresa, lo dimostrano.
Funziona, in questa retrospettiva, il contrasto tra il luogo e il contenuto: «La classicità del Castello, e l’uomo che quella classicità l’ha rivoltata», dice Lorenzo Madaro. Il Castello Aragonese è la roccaforte difensiva della città di Otranto, oggi spazio espositivo e culturale che ospita progetti di respiro internazionale (dopo l’attacco saraceno del 1480, la struttura fu ampliata e dotata di torrioni con cannoniere. La Sala Triangolare, realizzata con tecniche difensive innovative, è uno degli esempi più importanti per l’architettura militare dell’epoca).
«Non il solito museo, quindi. Il pubblico incontra l’arte dove non se lo aspetta, ed è proprio questo corto circuito che funziona», conclude Madaro.
Altro dettaglio. Non una didascalia a spiegare ciò che è esposto: il percorso è un’immersione totale nella fotografia. Senza interruzioni, senza distrazioni. Libertà, rivoluzione, provocazione: all’arte, possiamo chiedere altro?