Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
I vitigni della grande bellezza
Area archeologica di Pompei, Castello Aragonese di Ischia e Reggia vanvitelliana di Caserta luoghi-simbolo del territorio in cui dalle uve di viti piantate stanno nascendo nuovi bianchi e rossi
Da un tesoro spunta un tesoro. La Campania è terra particolarmente generosa in fatto di vini. I suoi bianchi e i suoi rossi piacciono molto e finiscono sulle tavole e nei bicchieri di mezzo mondo. Succede, talvolta, che quest’eccellenza della regione vada ad incrociarsi alle sue bellezze.
È il caso di quei vini che nascono - o nasceranno - dalle uve di viti piantate sui terreni di luoghi simbolo del territorio, come gli Scavi di Pompei, il Castello Aragonese di Ischia e la Reggia di Caserta. Connubi che rinvigoriscono storie antiche, intrecciando passato e presente.
A Pompei dalle viti impiantate dentro l’area archeologica nei luoghi dove si trovavano in origine, e allevate con gli stessi metodi utilizzati duemila anni fa dai Romani, viene alla luce il vino “Villa dei Misteri”, nome-omaggio a una delle domus più famose degli Scavi. Si tratta di un rosso griffato Mastroberardino, una delle aziende top in Campania. Un vino, come recita la scheda sul sito, dal sapore “avvolgente, equilibrato, strutturato, di notevole tessitura e spessore, dotato di tannini fini ed eleganti” e dal profumo “complesso, ampio, persistente, con note speziate che ricordano la vaniglia, la cannella, il tostato, note di frutti rossi, in particolare marasca, prugna e sfumature minerali”. “Villa dei Misteri” è il risultato di un progetto avviato più di 20 anni fa, nel 1996, anno in cui la Soprintendenza Archeologica di Pompei affidò alla cantina Mastroberardino il compito di ripristinare la viticoltura dentro la città antica. Cinque anni dopo, nel 2001, la prima vinificazione e poco più di 1700 bottiglie prodotte. Per le prime dieci annate come uvaggio si è scelto Piedirosso (90%) e Sciascinoso (10%). A partire dal 2011 le varietà sono passate da due a tre - Aglianico (40%), Piedirosso (40%) e Sciascinoso (20 %) – per questo vino da abbinare agli aperitivi con formaggi e salumi stagionati, ai primi piatti con sughi di carne, funghi e tartu- fi oppure alle carni rosse e la cacciagione alla brace o alle carni cotte a lungo.
Nel luglio dell’anno scorso, invece, a Ischia è stato presentato il vino fatto con le uve dell’isolotto su cui sorge il Castello Aragonese. Biancolella, ovviamente, vitigno autoctono del luogo, e un nome quasi d’obbligo, “Castello”, per un delicato vino bianco. La vendemmia del 2016 ha generato seicento bottiglie. È il frutto della partnership tra una delle aziende di punta del posto, Casa D’Ambra, e Nicola e Cristina Mattera, i proprietari dell’area del castello con il vigneto sul mare da cui nasce il vino. Furono proprio i loro genitori, Gabriele e Karin, una trentina d’anni fa a decidere di recuperare le viti con l’aiuto dell’enologo Andrea D’Ambra.
Altro progetto è quello legato alla Reggia di Caserta e al Bosco di San Si lves t ro. Un’ampia oasi di verde dove tornerà a vedere la luce la vigna da cui poi deriverà, proprio come accadeva con i Borbone in passato, il Pallagrello bianco e nero. Il vino avrà sull’etichetta il marchio “Vigna di San Silvestro – Reggia di Caserta”. L’operazione è stata affidata a Tenuta Fontana, azienda di Pietrelcina in provincia di Benevento, che lo scorso febbraio ha vinto il bando pubblicato dalla Reggia per la concessione a titolo oneroso della vigna superando la concorrenza di altri produttori. Alla guida dell’azienda ci sono due giovani fratelli, Mariapina e Antonio Fontana, rispettivamente 25 e 21 anni, eredi di una lunga tradizione di famiglia. Il loro motto mette in fila tre parole: innovazione, qualità e, appunto, tradizione. A Pietrelcina hanno recuperato vitigni autoctoni come lo Sciascinoso. A Carinaro, a pochi chilometri da Aversa, producono l’Asprinio. Adesso, eccoli impegnati in una nuova avventura che li porterà a far ritornare in circolazione il vino dei re. Tra recupero del terreno e riadattamento alla coltivazione del Pallagrello passerà un po’ di tempo. Per le prime bottiglie, dunque, toccherà aspettare almeno tre anni. L’obiettivo è venderle sia in Italia che all’estero, con un occhio di riguardo per gli Stati Uniti dove Tenuta Fontana già esporta Asprinio d’Aversa, Sannio Aglianico, Falerno del Massico e Falerno del Massico Primitivo.